(Novus) Ordo ab Chao
Parte 1: la guerra di distrazione
Premessa dovuta, e non solo di facciata: ciò che accade in Ucraina è davvero orribile, e milioni di persone normali, innocenti e ignare stanno pagando un prezzo intollerabile per dinamiche a loro estranee.
Detto ciò, è impossibile non notare lo sbalorditivo tempismo di questa grande “guerra”, che poteva iniziare in qualsiasi momento degli ultimi 8 (o 15) anni, però è deflagrata proprio quando la narrazione pandemico-vaccinale pareva vicina a sgretolarsi del tutto. Anche la de-escalation (mediatica) della più recente ondata di contagi è parsa coincidere esattamente con l’escalation (mediatica) delle tensioni pre-belliche, a partire più o meno dal periodo post-natalizio. Come se qualcuno stesse chiudendo una manopola con la mano destra mentre con la sinistra ne apriva un’altra: un sincronismo inverso un po’ troppo perfetto e decisamente sospetto…
E per la gioia dei più esoterici, la tanto paventata “invasione russa” si è finalmente materializzata nel palindromico giorno 22-02-2022, dunque esattamente DUE anni dopo la deflagrazione ufficiale dell’”emergenza covid” in Occidente (è del 22 Febbraio 2020 il vertice straordinario presieduto da Conte alla Protezione Civile, con cui si “inaugurava” ufficialmente l’isteria pandemica di massa).
Quello che segue è un brevissimo e parzialissimo recap di alcune notizie che si sono accavallate – e, in un certo senso, perse – durante il mese di Febbraio e la primissima parte di Marzo, mentre il news cycle occidentale “spegneva” il covid per passare a una copertura h24 della situazione ucraina.
– Bill Gates ammette, senza neanche cercare di nascondere il disappunto, che l’infezione naturale è un vaccino molto più efficace rispetto a quelli che vende lui, e che la popolazione globale è ormai per la maggior parte immune (inclusa quella africana nonostante tassi di vaccinazione irrisori). Curiosamente, il primo a ventilare l’ipotesi che omicron fosse una sorta di “vaccino sporco” era stato proprio un epidemiologo governativo russo, ma la teoria era stata immediatamente archiviata nella cartella “complottismo”. Una volta sdoganata dal filantropo, però, è divenuta immediatamente bibbia per gli “espertih” di tutto il mondo, dal ministro della salute islandese che ha esortato la popolazione a CERCARE il contagio fino all’immancabile Pregliasco, figura ormai puramente comica, che ha spiegato come la miglior protezione sia data dall’ammalarsi dopo tre dosi di vaccino.
– Gli aumenti di mortalità nell’ultimo anno, anch’essi a lungo bollati come “teoria del complotto” nonostante solide evidenze, iniziano a essere sdoganati come verità mainstream. E a lanciare l’allarme non sono i giornali, gli statistici o gli enti sanitari, bensì – come sempre – chi ci sta rimettendo del cash. Si apprende infatti che le compagnie assicurative americane hanno registrato un inspiegabile boom di mortalità ”non covid” durante il 2021, vedendosi costrette a sborsare molto più di quanto avessero previsto. Gli fa eco un paio di giorni dopo il colosso tedesco BKK che, basandosi sui dati relativi ai loro clienti, stimano che morti ed effetti avversi da vaccino siano almeno 10-12 volte superiori a quelli riportati dal governo. (una decina di giorni dopo, senza spiegazione, il CEO di BKK è stato licenziato in tronco dopo 20 anni di onorato servizio…)
– Nel giro di qualche giorno, tre pezzi grossi nel mondo dello sport se ne sono usciti con dichiarazioni pericolosamente “novax”: il vulcanico presidente della più importante squadra di calcio rumena, la Steaua Bucarest, ha dichiarato che farà scendere in campo solo giocatori non vaccinati, sostenendo che quelli vaccinati avrebbero gravi problemi e suggerendo che molti, in realtà, si sarebbero vaccinati per finta. Il tennista Gael Monfils, apparso in grande forma qualche settimana fa in Australia, ha dichiarato di essere out a tempo indeterminato per una sospetta reazione avversa al booster. Infine la star del calcio Sergio Aguero – costretto al ritiro qualche mese fa a seguito di una cardiopatia improvvisa, dopo che lui stesso era stato un grande sostenitore e testimonial della campagna vaccinale – ha detto di sospettare che i suoi problemi possano essere legati al siero.
– Continua la spirale discendente di Moderna, che dopo essere stata implicata nella creazione del virus (la cui origine artificiale appare ormai sempre più certa) si è trovata a dover rispondere anche di un brevetto praticamente identico a quello del suo vaccino attualmente in uso, ma depositato già nel Marzo 2019.
– Sempre più problematica anche la questione della “modifica del DNA”, spesso paventata dalla parte “novax” e puntualmente ridicolizzata dall’opposta fazione. Per quasi due anni, le aziende produttrici e i presunti esperti hanno negato categoricamente che i vaccini mRNA potessero penetrare nel nucleo cellulare. Ma nell’ultimo mese, due autorevoli studi peer-reviewed (rispettivamente dalle università di Lund e Stanford) hanno smentito clamorosamente questa tesi, dimostrando che il materiale genetico esogeno che codifica la pericolosa proteina spike viene in effetti codificato nel genoma umano via trascrizione inversa.
– Dopo un lungo tira-e-molla legale, era finalmente previsto per il 1 Marzo il rilascio da parte della FDA di una prima parte della documentazione confidenziale sul processo di approvazione del siero Pfizer – documenti che l’ente regolatore avrebbe voluto nascondere fino al 2076. Come prevedibile, le 10 mila pagine appena desecretate stanno già producendo diverse informazioni decisamente incriminanti, che vanno però ad affogare nella cronaca totalizzante degli eventi ucraini.
– Anche i dati ufficiali riguardo l’efficacia dei sieri si facevano più allarmanti che mai, con il governo scozzese costretto a sospendere la pubblicazione dei suoi consueti report “per evitare di fornire informazioni che potrebbero essere strumentalizzate dai novax”. Quali fossero queste informazioni scottanti lo possiamo forse dedurre dai dati della vicina Inghilterra, in cui 9 morti covid su 10 sono ormai fra persone vaccinate, la stragrande maggioranza delle quali con tre dosi.
– Parallelamente a tutto ciò, anche ai piani alti della politica iniziavano a serpeggiare malumori sulla premeditazione dell’agenda “digitale” e sul fatto che essa, da subito, fosse stata concepita per essere implementata “sotto la copertura” di quella pandemica. C’era addirittura chi osava fare domande scomode sull’ingerenza di entità sovranazionali (WEF su tutti) all’interno dei palazzi del potere. Emblematico l’episodio al parlamento canadese in cui un deputato ha chiesto in aula di sapere chi fossero i suoi colleghi affiliati al forum di Davos, dopo un video virale in cui il fondatore del forum Klaus Schwab si vantava apertamente di aver infiltrato più di metà del governo di Ottawa. E la risposta del presidente della camera è stata emblematica: “ottima domanda, ma purtroppo c’è un problema con l’audio e dobbiamo passare alla prossima.”
– A proposito di Canada, la brutale risposta del governo Trudeau alla protesta pacifica dei camionisti – con l’implementazione di orwelliane misure repressive – non è passata inosservata, provocando qualche mugugno persino fra le fazioni più allineate e vacciniste. E a proposito di camionisti, quelli Americani sono attualmente in marcia verso Washington con decine di migliaia di mezzi, ma date le circostanze non ne parla quasi nessuno. Insomma, anche tutto il fastidioso fardello dei vari “convogli per la libertà” sembra essere andato a farsi friggere fra le nebbie della guerra.
Ricapitolando, è chiaro come durante le settimane a cavallo della famigerata invasione russa si siano accumulate numerose storie e notizie potenzialmente pericolosissime per l’agenda covidista-davosiana. Storie e notizie che però, grazie al brusco shift nella narrazione dominante, hanno ricevuto una frazione infinitesimale dell’attenzione che invece meriterebbero. E allora, significa che l’agenda vaccinale-digitale verrà silenziosamente accantonata, e spazzata via per sempre sotto le macerie belliche? Assolutamente no, anzi! La guerra, infatti, offre anche la copertura perfetta per avviare i prossimi delicatissimi step dell’agenda senza dare troppo nell’occhio. E nei primi giorni di questo conflitto, tale fenomeno si è già palesato in maniera evidente. E distratti dai bombardamenti militari e mediatici, pochi stanno dando il dovuto peso a una serie di sviluppi di enorme portata:
– Il primo è che Deutsche Telekom ha appena avviato lo sviluppo del passaporto vaccinale globale, come da progetto OMS finanziato dalle fondazioni Gates e Rockefeller.
– Parallelamente pure gli USA, dopo titubanze ed esitazioni varie, hanno emesso senza grandi clamori il loro pass QR nazionale (finora esistevano solo versioni “statali”), che è già stato adottato anche da numerosi stati “repubblicani” come South Carolina e Arizona, spesso additati come baluardi della resistenza.
– In Germania, un nuovo disegno di legge presentato un paio di giorni fa propone di modificare la già terrificante “legge sulle infezioni” per introdurre un obbligo di vaccinazione generalizzato.
– Nel Regno Unito, proprio allo scoccare della guerra il governo ha annunciato una partnership con Deloitte per sviluppare la nuova piattaforma nazionale di Identità Digitale, chiamata One Login, il cui lancio è previsto già per Aprile.
– E qui da noi – nell’indifferenza della stampa più monotematica d’Europa – è stata sganciata forse la bomba più grande, col ministro del reset Colao che annuncia l’arrivo della nuova piattaforma ID Pay, aprendo in un sol colpo la finestra di Overton sull’abolizione del contante e sull’introduzione di un sistema di credito sociale in stile cinese.
Come scriveva Silone, una guerra è una cosa talmente complicata che nessuno capisce appieno cosa sta succedendo, neanche i re o i generali. E io non pretendo certo di capire appieno cosa sta succedendo in questa. Però mi pare chiaro che, fra mille altre cose, la situazione ucraina funga da perfetta arma di distrazione, alzando una cortina impenetrabile dietro alla quale i padroni del futuro possono proteggersi da scomode verità e continuare a tessere la loro trama.
Parte 2: la guerra come motore del Grande Reset
“Chiunque voglia sinceramente la verità è sempre spaventosamente forte.” – Fedor Dostoevskij
Nella prima parte di questo scritto, ho esaminato come lo scoppio della guerra in Ucraina abbia fornito la distrazione perfetta, sviando l’attenzione pubblica da una serie di notizie potenzialmente pericolosissime per l’agenda covidista, ma anche – o forse soprattutto – da altre che dimostrano come essa non sia affatto morente, bensì si appresti a entrare nel vivo. Detto questo, ci sono a mio avviso diverse altre ragioni per cui questo conflitto risulta perfettamente funzionale all’agenda del Grande Reset – e che sia dunque da leggersi come una continuazione del progetto avviato con la plan demia covid, piuttosto che come un punto di rottura con essa.
Cercherò qui di elencarle sommariamente:
1) LA GUERRA CREA LE CONDIZIONI IDEALI PER IL RESET
La guerra è il veicolo perfetto per inaugurare la grande crisi economica e monetaria globale, che verrà affrontata attraverso una drastica riconfigurazione del sistema finanziario internazionale e il passaggio alla valuta virtuale, secondo il collaudato modello <crea il problema → offri la soluzione>. Scontato dire che, con ogni probabilità, la moneta virtuale sarà a sua volta legata al famigerato marchio QR, senza il quale diverrà dunque impossibile esistere all’interno della società.
Le gravissime interruzioni nella catena degli approvvigionamenti sembrano anche sul punto di innescare la radicale “rivoluzione alimentare” delineata fra i famigerati 17 obiettivi dell’Agenda 2030. I prezzi infatti lievitano a vista d’occhio, e iniziano a scarseggiare beni di prima necessità come grano e olio di semi. Senza mangimi né fertilizzanti, poi, gli allevamenti italiani paventano già di dover abbattere i loro animali. Meno male che giusto qualche mese fa – mirabile coincidenza! – la previdente Unione Europea ha approvato l’utilizzo di cavallette e altri insetti per scopi alimentari…
Inestricabilmente connessa alla crisi economica c’è poi, ovviamente, anche la crisi energetica, di cui già vediamo i sintomi ogni volta che apriamo una bolletta o ci fermiamo dal benzinaio. Se la prima verrà utilizzata come propulsore per introdurre un sistema monetario cashless ed esclusivamente digitale, la seconda servirà da pretesto per accelerare la tanto decantata “transizione ecologica”. E non è un caso se i propagandisti di regime della fase pandemica si stanno già riciclando in chiave ambientalista, paventando di adattare il green pass per scopi “sostenibili” come ha fatto l’immunologa Antonella Viola.
2) LA GUERRA ALIMENTA L’EMERGENZA SANITARIA
Come hanno subito sottolineato gli zelanti virologi di regime, l’esplosiva situazione ucraina offre anche il contesto perfetto per la comparsa – reale o dichiarata – di nuove malattie e/o varianti, e per dare quindi nuova linfa alla campagna vaccinale. Oltre alle precarie condizioni igienico-sanitarie che inevitabilmente si vengono a creare sotto le bombe, sono inoltre già iniziati massicci flussi migratori dalla regione colpita verso altre parti d’Europa. E data la scarsissima copertura vaccinale della popolazione ucraina, è prevedibile che anche tali fattori possano (essere usati per) scatenare nuove “impennate”, “ondate”, “varianti” e quant’altro.
Un’altra potenziale bomba a orologeria è rappresentata dai famigerati 30 laboratori americani in territorio ucraino. Da Mosca hanno già fatto sapere di aver acquisito le prove che questi “centri di ricerca” lavorassero su armi biologiche e patogeni letali, e che stessero programmando un attacco contro la Russia. Gli Americani, per contro, ne hanno prima negato l’esistenza, poi goffamente cancellato dal sito web del pentagono le schede di ciascuno di questi laboratori inesistenti, e infine ammesso che sì, esistono, ma se dovesse sfuggire qualcosa sarà sicuramente per colpa dei Russi. Impossibile cercare di stabilire dove stia la verità in questi tempi di propaganda esasperata, dove ogni notizia, ogni comunicato e ogni leak è un’arma da sparare al momento opportuno. Ma non c’è dubbio che anche la storia dei laboratori sia una potenziale “miniera d’oro” di future crisi sanitarie… E forse non è coincidentale il fatto che, proprio in questi giorni, venga finalmente sdoganata dal mainstream l’origine artificiale del covid, come appena dichiarato addirittura dal grande capo dell’AIFA Palù.
Parallelamente a questi scenari “epidemiologici”, la situazione ucraina ha rimesso in primo piano una minaccia ancor più terrificante, ovvero quella nucleare. Nel giro di pochissimi giorni siamo passati dall’incendio alla centrale di Zaporizhzhia ai valori sballati di Chernobyl fino allo spettro di uno scontro atomico su scala globale. Dall’Iran alla Korea alla Francia, le notizie a sfondo nucleare si sono improvvisamente intensificate un po’ dappertutto. Non c’è dubbio, poi, che il complesso mediatico abbia fatto il possibile per gettare benzina sul fuoco, producendosi in titoloni apocalittici e alimentando una nuova isteria collettiva fatta di bunker, iodio, tutorial anti-bomba e chi più ne ha più ne metta. E coi tempi che corrono, non mi sentirei di escludere che anche la minaccia nucleare possa trasformarsi in un’emergenza da affrontare a suon di punture – se non con un vero e proprio vaccino anti-guerra come suggerito da Al Bano, magari attraverso interventi di gene editing e riprogrammazione cellulare mirati (ufficialmente) a proteggere contro radiazioni e onde magnetiche di vario tipo.
3) LA GUERRA RICOMPATTA LE MASSE
Lo spirito bellico riaccende nelle popolazioni quel sentimento di unità totalitaria che andava un po’ scemando nell’ultimo periodo, allorché in troppi iniziavano a perdere fiducia – o interesse – nella narrazione pandemico-vaccinale. Persino fra i fedelissimi – quelli che cantavano convinti sui balconi, segnalavano “i furbetti”, e credevano fermamente che la terza dose durasse dieci anni – c’è infatti chi inizia a realizzare che non “andrà tutto bene”, e in taluni casi si fa strada il pericoloso sospetto di essere stati brutalmente ingannati. Il conflitto ucraino è arrivato peraltro nel momento in cui gli indici di gradimento dei maggiori leader covidisti (Draghi, Macron, Scholz, Biden, Bennett, Morrison, Trudeau, Ardern, ecc) erano TUTTI ai rispettivi minimi storici. Insomma, una nuova emergenza attorno alla quale ricostruire il consenso (assieme a un nuovo nemico su cui scaricare la colpa di ogni male) sembra proprio cascare a fagiolo.
E da questo punto di vista la strategia – se tale la vogliamo considerare – si è già rivelata un clamoroso successo, scatenando nel giro di 48 ore una travolgente ondata di fanatismo antirusso. Se per creare il “mostro novax”, infatti, c’erano voluti mesi e mesi di propaganda martellante, qui un paio di giorni dopo l’invasione vedevamo già studenti espulsi da università, clienti cacciati da negozi e hotel, atleti banditi dalle competizioni, artisti e celebrità licenziati in tronco, ragazzini picchiati dai compagni di scuola e giganti della letteratura messi all’indice dei libri proibiti.
Oltretutto, la nuova emergenza svolge in un certo senso la funzione di “gatekeeper”, andando a intercettare una parte del dissenso e riportandolo nell’ovile della narrazione ufficiale. Questo fenomeno è particolarmente evidente nel paese che, a mio avviso, rimane il campo di battaglia più delicato per l’agenda del Grande Reset, ovvero gli Stati Uniti, in cui si contano ancora circa settanta milioni di “no-vax” – sempre più inc@zzat! e in molti casi armati fino ai denti. La maggioranza di questi “dissidenti”, però, appartiene a un segmento demografico ultra-patriottico, apertamente militarista e storicamente anti-russo. E benché gli eventi degli ultimi anni abbiano senz’altro spostato certi equilibri e certe percezioni, è innegabile che una bella fetta degli anti-covidisti americani sia adesso schierata contro il cattivone del Cremlino. Insomma, per fatalità o per disegno, la guerra in Ucraina sta riuscendo pure a spaccare ulteriormente la già frammentata “resistenza”, secondo i sempre attuali dettami del divide et impera.
4) LA GUERRA GIUSTIFICA LA MILITARIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ
Fra coprifuoco, lockdown, droni, zone colorate, lasciapassare, checkpoint, divieti di assembramento e di spostamento, criminalizzazione del dissenso e un crescendo sempre più assurdo di restrizioni e coercizioni, l’occidente vive ormai da due anni sotto una legge marziale de facto. Persino il linguaggio – e di conseguenza il pensiero – è stato militarizzato, con giganti del neoliberismo democratico come Mario Monti che sono arrivati a invocare un’orwelliana censura di stato. Perché, parole testuali, “la sfida del virus è come una guerra”. E adesso che la guerra c’è davvero, qualcuno pensa forse che la legge marziale si farà meno marziale?
Come scrive Uriel Crua, “la pandemia è stata una strategia forzata di rieducazione delle masse propedeutica all’innesto di alcuni riflessi condizionati condivisi”. Tutto ciò che abbiamo vissuto non era provvisorio, bensì preparatorio. Perché è ormai chiaro che la condicio sine qua non del Grande Reset è una dimensione di emergenza permanente, entro la quale diviene possibile giustificare ogni manipolazione costituzionale, ogni aberrante imposizione, ogni criminale sopruso. Never let a good crisis go to waste, diceva un vecchio imperialista del mondo precedente. Mai lasciare che una bella crisi vada sprecata. E se la crisi non c’è, basta inventarla. Morto un papa, dopotutto, se ne fa un altro. Morta un’emergenza, idem.
Illustrazione di copertina: Pawel Kuczynski