
Nullatenenti e (quasi) felici
È notizia di questi giorni che, secondo il rapporto presentato in Senato dal Centro Studi Sogeea, in soli sei mesi in Italia si è registrato un incremento del 63,5% di immobili all’asta. Un dato impressionante che fotografa un fenomeno in costante peggioramento a causa, neanche a dirlo, della crisi economica provocata dalle restrizioni.
Stiamo parlando di migliaia di immobili destinati ad essere pignorati, di migliaia di case nella stragrande maggioranza di proprietà di persone dal reddito medio-basso; famiglie e imprenditori rimasti senza lavoro e senza futuro, abbandonati alla mercè delle banche.
Uno scenario che ha incredibili analogie con quello che successe in Grecia, dove un’enorme quantità di case fu acquistata dai grandi fondi immobiliari stranieri, a corollario di un dramma sociale che ha portato il paese ellenico a raggiungere oggi il 35% di povertà assoluta e a posizionarsi secondo l’indice di Gini – il coefficiente usato globalmente per calcolare la diseguaglianza – peggio di paesi come il Bangladesh.
Ed è obiettivamente difficile, alla luce di questo disastro umanitario, fingere di non vedere disonestà intellettuale e malafede leggendo titoli come quello del Sole 24 Ore di qualche giorno fa: “Draghi, dopo la Grecia c’è l’Italia: sarà un altro miracolo di San Mario?”. E nemmeno c’è purtroppo da stupirsi a veder nominato come suo consigliere economico tal Francesco Giavazzi, colui che nel 2015 dichiarava al Financial Times: “I greci hanno scelto la povertà, lasciateli fare a modo loro. È chiaro che non hanno nessuna voglia di modernizzare la loro società”.
Il messaggio è chiaro. Tutto procede come da programma. Gli attori in campo sono gli stessi. I puntini da unire sempre più numerosi.
Qualsiasi persona sana di mente dovrebbe quanto meno essere preoccupata o domandarsi come mai tutti i ruoli chiave siano occupati da megafoni del potere sovranazionale e come possa risultare normale un tale coordinamento mediatico su così tanti temi legati tra loro da un unico traguardo: rimodellare completamente la società sotto tutti gli aspetti.
Gli stessi che hanno guidato il capitalismo globalizzato fino al collasso, stanno ora spingendo sull’acceleratore per questa trasformazione; ed è tutto ormai talmente lapalissiano che chi ancora non vede nella pandemia il perfetto pretesto significa che ha definitivamente deciso di rinunciare alla propria intelligenza.
Mentre continuano a ribadire che il mondo che conosciamo non sarà più lo stesso, mentre proseguono con le folli restrizioni che stanno uccidendo economie e democrazie nonostante sia palese che non abbiano alcun effetto sul contenimento di un virus parainfluenzale, fanno sembrare inevitabile ciò che è socialmente inaccettabile. Ma che purtroppo è ormai accettato con rassegnazione da moltissime persone.
Quando si parla di Grande Reset, molti ancora pensano che si tratti di una qualche stravagante teoria cospirazionista senza sapere che si tratta invece di un termine coniato dal World Economic Forum – l’organizzazione che riunisce i leader dell’economia, della finanza e della politica di tutto il mondo, praticamente il cartello degli uomini più importanti del pianeta – e riguarda il programma dell’agenda internazionale che intende cambiare definitivamente il nostro modo di vivere, di lavorare e di interagire gli uni con gli altri.
“Non possiederai nulla e sarai felice” (You’ll own nothing. And you’ll be happy) è uno degli slogan con i quali il WEF prospetta lo scenario futuro entro il 2030. Il video qui sotto ne è una breve sintesi e mostra un giovane, dal sorriso vagamente ebete, felice di non avere nulla. Tutto in affitto, tutto condiviso, ogni prodotto è diventato un servizio, un’esistenza tanto virtuale e senza identità quanto ipocritamente ecosostenibile.
Dunque, c’è poco da essere sorpresi a leggere i dati raccolti da Sogeea. Con una politica chiaramente volta alla distruzione delle piccole e medie imprese, le cui porzioni di mercato verranno progressivamente occupate dalle multinazionali, tutto ciò che sta accadendo suggerisce piuttosto che non siamo così lontani dall’avverarsi di quello scenario e che anche uno dei capisaldi della nostra vita, la casa, non sarà immune da questa ristrutturazione globale.
Ma la casa è molto più che un semplice luogo fisico.
È il luogo dove custodiamo i nostri ricordi, la nostra storia, dove continuerà sempre a vivere una parte di noi e dei nostri cari; la casa è protezione, intimità, libertà, è il nostro rifugio. O anche semplicemente il legittimo sogno su cui costruire la propria famiglia.
Proprio per questo suo significato così profondo, spirituale e legato alle nostre tradizioni, ci si aspetterebbe da parte, ad esempio, di un leader religioso come Bergoglio una posizione decisa per cercare di influenzare politiche di protezione visto l’enorme importanza sociale di questo tema. E invece no.
Al contrario, il Papa, come da copione, in tempi recenti ha più volte ribadito il concetto di abolizione della proprietà privata e basterebbe leggere l’Enciclica Fratelli Tutti, un manifesto più ideologico che teologico, per rendersi conto chiaramente del suo ruolo strategico in questa rivoluzione planetaria.
Come già detto tutte le posizioni cardine sono occupate mentre la transizione procede tramite l’eutanasia di stato, coniugando un controllo sociale senza precedenti a una sempre maggiore alienazione dei rapporti fra le persone.
Diventa fondamentale a questo punto la ribellione fatta di gesti di disobbedienza quotidiana, diventa fondamentale la consapevolezza di ciò che sta accadendo e il coraggio di diffondere questa consapevolezza. Solo la voglia di lottare per la nostra libertà ci può salvare dal mondo che ci viene prospettato dal WEF e dai giganti dell’economia.
In quel mondo più che essere felici bisognerebbe domandarsi ‘chi possiede ciò che tu non hai più’. E vedendo come solo in un anno di covid è stata ridistribuita la ricchezza nel mondo, non credo che la risposta sia così difficile da trovare.
Illustrazione di copertina: Bill Bragg


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