O il vaccino o il rogo! Tutti i deliri dei “luminari”
Non era difficile prevedere che il persistere della pandemia ci avrebbe portato rapidamente dal capitolo XXXI dei Promessi Sposi, che descrive perfettamente quello che è successo e succede, alla Storia della Colonna Infame che racconta la triste sorte di due innocenti scelti dalle autorità e dalla comunità come capri espiatori con la infamante e falsa accusa di essere gli untori responsabili del contagio e condannati a morte mediante supplizio della ruota.
Il bisogno catartico di sfogare la rabbia, la paura e l’angoscia collettive su qualcuno nell’illusione di liberarsi del maleficio è tipico di situazioni come quella che stiamo vivendo, la storia è piena di esempi: dal caso Teoride di Lemno narrato da Demostene fino ai processi di Salem di fine ‘600 e oltre.
Nell’attuale pandemia i moderni untori sono stati individuati in coloro che non intendono vaccinarsi, dipinti dal coro unanime di scienziati – veri o presunti, televisivi e non – media mainstream, oligarchie intellettuali e circoli di sapienti come un pericolo che deve essere neutralizzato ad ogni costo, represso e messo in condizioni di non nuocere.
L’escalation di invettive e minacce ai cittadini dissidenti, grossolanamente e sbrigativamente etichettati come “no vax”, esposti da media tutti allineati al ludibrio di una popolazione esasperata ed incattivita dalla situazione (altro che uscirne migliori), intontita da chiacchiere pseudo scientifiche e spaventata da previsioni apocalittiche amplificate acriticamente dai media, è impressionante.
Se, giusto per citarne alcuni, il presunto virologo televisivo (in realtà docente di Igiene e direttore sanitario di un ospedale ortopedico) Fabrizio Pregliasco evoca le diserzioni e le fucilazioni sul posto in tempo di guerra, Ilaria Capua, veterinaria, vorrebbe che i non vaccinati pagassero di tasca propria le cure mediche (che in realtà hanno già pagato con le loro imposte) e non manca chi non vorrebbe nemmeno farli entrare in ospedale.
La Confindustria per bocca del suo direttore generale gradirebbe privare i non vaccinati del lavoro “il datore dovrebbe poter non ammettere il soggetto al lavoro, con sospensione della retribuzione in caso di allontanamento dell’azienda”, altri dell’istruzione buttandoli fuori, docenti o studenti che siano, dalle scuole; secondo un assessore regionale, PD, dell’ Emilia Romagna, i trasporti pubblici dovrebbero essere segregati come in Alabama degli anni ’30 con i non vaccinati relegati in appositi mezzi separati.
Una forma di isteria collettiva, ma anche di deliberato condizionamento di massa, che coinvolge la società italiana fino a più alti livelli raggiungendo, ad esempio, l’élite culturale progressista e liberista dell’Università Bocconi, tempio eccellente della cultura economica nostrana, due illustri professori della quale si sono prodotti in una sconcertante dissertazione sul tema, “Chi non si immunizza deve almeno pagare i danni che provoca”, pubblicata da Repubblica.
Gli esimi docenti, che a suo tempo hanno ricoperto importanti incarichi pubblici conferiti da governi di sinistra, attaccando frontalmente dichiarazioni, per la verità alquanto maldestre e superficiali come purtroppo accade troppo spesso, di Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Francesco Lollobrigida, finiscono per prodursi in affermazioni inquietanti e paradossali dalle quali emerge con grande evidenza un sorprendente disprezzo, se non addirittura l’aperta ignoranza, del diritto, dei diritti e dei fondamenti giuridici del nostro ordinamento.
Il duo bocconiano, confutando un’affermazione della Meloni, è convinto che George Orwell approverebbe l’imposizione del passaporto vaccinale e delle relative limitazioni della libertà personale, anche se non spiega su cosa si basi tale convinzione, difficilmente conciliabile con una lettura attenta (o una lettura) di 1984.
Di sicuro i due non si sono resi conto di fornire un perfetto esempio di quello che Carl Schmitt nel 1946, spiegando agli Americani i meccanismi dello stato totalitario nazionalsocialista, definiva “legalità concepita in termini funzionalistico-burocratici”, cioè legata ad obiettivi del governo e di efficienza burocratica ma non al rispetto dei diritti e delle persone.
I due rinomati economisti auspicano una decisa compressione dei diritti dei cittadini non vaccinati, aprioristicamente considerati i moderni untori, giustificata e legittimata dal concetto empirico di “esternalità negativa delle nostre azioni sugli altri”. Lo fanno introducendo un paragone assurdo ed insostenibile: come è legittimo vietare il fumo e limitare, quindi, i diritti dei fumatori per evitare di danneggiare gli altri col fumo passivo, sarebbe altrettanto legittimo limitare i diritti dei non vaccinati, cattivi cittadini, per preservare dal contagio i vaccinati, cittadini esemplari.
La tesi è sorprendentemente superficiale ed inconsistente. Fumare non è un diritto fondamentale costituzionalmente garantito e può quindi essere agevolmente limitato nei giusti termini, mentre i diritti dei cittadini non vaccinati che secondo i due bocconiani dovrebbero essere conculcati in nome di un teorico bene comune e del risparmio dei costi delle loro cure – libertà personale, diritto di opinione, libertà di movimento, diritto all’istruzione, al lavoro, alla riservatezza e in pratica anche all’assistenza sanitaria (i non vaccinati dovrebbero “pagare i danni che provocano”) – sono tutti diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione sui quali, a norma della stessa, si può intervenire solo per legge, a determinate condizioni, molto rigorose, e solo rispettando limiti ben chiari.
Un problema che i due docenti, a quanto pare, ignorano completamente: secondo loro, sorprendentemente, “una campagna di vaccinazione forzata è impensabile: sarebbe immorale, incostituzionale e inattuabile”, mentre ritengono invece legittimo, ad esempio, “impedire l’accesso fisico alle classi a chi, studente o insegnante, non si è vaccinato, non è guarito dal coronavirus o non ha un test negativo rinnovato quotidianamente”.
Un singolare e paradossale ribaltamento della logica e della realtà, perché non è affatto vero che sarebbe “incostituzionale” imporre l’obbligo vaccinale, è vero invece esattamente il contrario: ai sensi dell’art. 32 II comma della Costituzione l’obbligo può essere imposto ma solo per legge e a patto che risulti necessario e giustificato. Il problema, casomai, sarebbero la capacità e la forza politica di imporlo, ma in mancanza non si può e non si deve nemmeno ricorrere a surrogati o accorgimenti surrettizi come quelli del Governo Conte.
Qualunque provvedimento che limiti in qualsiasi modo diritti fondamentali, vuoi per obbligare a vaccinarsi vuoi per imporre misure come quelle invocate dai due bocconiani, deve avere forma di legge, deve risultare necessario, proporzionale e giustificato e deve operare un bilanciamento tra i diversi diritti coinvolti.
Il che significa, innanzitutto, che andrebbe dimostrato scientificamente l’assunto di base del ragionamento di Perotti e Boeri cioè che i non vaccinati costituiscono un “pericolo per la società” in quanto agenti unici del contagio postisi volontariamente “nelle condizioni di danneggiare gli altri”.
A quanto pare al momento questa certezza non esiste e la realtà sembrerebbe anzi dimostrare proprio il contrario: la vaccinazione protegge dalle conseguenze del contagio ma non dal contagio, il che significa che vaccinati e non vaccinati possono entrambi diffondere il virus, casomai più pericoloso per i non vaccinati.
Se così fosse le draconiane proposte dei due economisti avrebbero conseguenze aberranti: la limitazione dei diritti fondamentali dei non vaccinati, con pericolo di contagio analogo a quello dei vaccinati, creerebbe una ingiustificabile ed illegittima discriminazione.
Naturalmente, costituendo un (presunto) “pericolo per la società”, i non vaccinati andrebbero individuati ed obbligati a manifestarsi come tali: si tratterebbe di “una questione pragmatica su cui decide la società, non un assoluto costituzionale che prevale sempre e ovunque”.
Affermazione abnorme ed alquanto inquietante: su questioni che riguardano diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti (qui l’articolo si riferisce in particolare quello alla riservatezza) la “società”, non meglio identificata, dovrebbe decidere “pragmaticamente”, cioè come gli gira, e non in base alla legge ed in particolare alla Legge Fondamentale.
Anche in questo caso quello che scrivono i dotti (ma non in diritto) estensori dell’articolo è il contrario della realtà: i principi costituzionali (tutti) sono assoluti e prevalgono sempre e ovunque, il legislatore invocato nell’articolo non potrebbe mai emanare leggi contrarie o non conformi a quei principi e se lo facesse la questione finirebbe al vaglio della Corte Costituzionale. E si può ben immaginare cosa significherebbe sostituire principi fondamentali con decisioni “pragmatiche”.
Ricapitoliamo: due illustri docenti di una delle più prestigiose università italiane scrivendo sul secondo quotidiano del paese, pur in mancanza di chiare evidenze scientifiche, indicano come untori e pericolo per la società (in altri tempi si sarebbe detto nemici del popolo) una categoria di cittadini per i quali invocano la limitazione di alcuni diritti fondamentali e la negazione di altri. Gli stessi cittadini dovrebbero essere resi riconoscibili rivelando pubblicamente le loro scelte personali e quindi la loro qualifica di presunto pericolo sociale. Il tutto in barba a leggi e principi giuridici in nome del “pragmatismo” e del risparmio dei costi
La storia abbonda di dinamiche del genere, di situazioni nelle quali in nome di un asserito bene comune o di un interesse superiore i cittadini vengono bollati, vessati e privati di diritti.
Il fatto che in questo caso si tratti di proposte provenienti dal mondo degli illuminati politicamente corretti non le rende certo meno sbagliate e meno inquietanti.
Illustrazione di copertina: Emiliano Ponzi