Passaporto vaccinale: nuova gabbia elettronica?
«Dobbiamo evitare che ciascun Paese sviluppi un proprio sistema, lavorando a una certificazione medica comune». Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha commentato così l’iniziativa sul tavolo del governo di creare un “pass sanitario” in vista della riapertura dei luoghi di cultura e dei ristoranti chiusi durante la pandemia, sottolineando con un certo funambolismo lessicale che non sarà un “passaporto vaccinale”. Già, perché la nomenclatura “passaporto vaccinale” preoccupa molti in virtù delle limitazioni alle libertà personali e alla discriminazione che tale strumento imporrebbe nella società.
In linea con la neolingua orwelliana, si modificano i termini in senso politicamente corretto, per far passare concetti e legittimare provvedimenti che potrebbero essere mal visti o addirittura osteggiati dall’opinione pubblica. È quello che sta accadendo con il passaporto vaccinale: una tematica controversa che divide la popolazione ma su cui sembra che il potere politico abbia le idee ben chiare e un’agenda da rispettare.
L’idea che si è trasmessa, grazie alla propaganda vaccinale, è che per riaprire sia necessaria l’introduzione di tale strumento: senza si rischia il collasso dell’economia e di rimanere in un immobilismo sociale, spettatori passivi dei lockdown e delle restrizioni a corrente alternata.
Dopo aver terrorizzato per più di un anno la popolazione globale (teoria dello shock), si è fatto passare per gradi (Principio della Rana Bollita di Chomsky) il concetto che ci si trovi dinanzi all’ennesimo aut aut: o l’introduzione del passaporto vaccinale oppure la fine dell’economia, del turismo, delle attività commerciali.
Ci troviamo di fronte a una nuova forma di “schedatura” che riecheggia periodi oscuri del nostro recente passato
Non potendo imporre (per ora) la vaccinazione per legge, si aggira l’ostacolo garantendo privilegi a chi si farà vaccinare e adotterà il “pass sanitario”. A costoro saranno garantiti dei vantaggi particolari come tornare a muoversi, viaggiare, accedere ai locali, palestre, ecc. Agli altri, invece, sarà interdetta la vita sociale per ragioni di biosicurezza. Così facendo, è evidente che anche coloro che nutrono dei dubbi a riguardo finiranno per cedere e adottare il pass sanitario per tornare alla vita di prima.
A parte il ricatto che si cela dietro tale mossa, emergono dei problemi giuridici e delle ombre inquietanti: ci troviamo di fronte a una nuova forma di “schedatura” che riecheggia periodi oscuri del nostro recente passato. Si pongono anche dei curiosi paradossi, perché sono errate e pretestuose le basi su cui tale provvedimento si muove.
Come osservato dai docenti universitari Alberto Alemanno e Luiza Bialasiewicz, «L’adozione di questa misura rischia di avere una serie di conseguenze non intenzionali perché si basa su premesse sbagliate, sia dal punto di vista legale e territoriale che dal punto di vista scientifico. Ma c’è di più: invece di unire l’Europa riducendo le limitazioni agli spostamenti, il passaporto vaccinale creerebbe semplicemente nuove frontiere fra le persone schedate come sicure e quelle non sicure».
Innanzitutto, la premessa scientifica è errata, in quanto «il certificato si basa sul presupposto che coloro a cui sarà permesso di viaggiare non siano più portatori del virus. I dati attualmente in nostro possesso però suggeriscono che i vaccini per il Covid-19 bloccano la manifestazione dei sintomi ma, quanto alla trasmissione del virus, la rallentano soltanto». La stessa OMS, infatti, è intervenuta sulla materia spiegando che «attualmente non ci sono prove che le persone che sono guarite dal Covid-19 e hanno gli anticorpi siano protette da una seconda infezione».
Inoltre, il presupposto per condizionare alla vaccinazione la libertà di movimento all’interno dell’Unione Europea dovrebbe essere un equo accesso al vaccino che al momento non c’è, date le forti differenze e diseguaglianze nell’andamento della campagna vaccinale nei singoli Stati membri. Ciò rischia di creare cittadini di serie A e di serie B persino tra i convinti assertori della vaccinazione di massa.
Come è nata la proposta del passaporto vaccinale? Il tutto ha preso il via dal primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis in una lettera alla Commissione europea che è stata accolta con favore dai leader politici di altri Paesi. La stessa presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha qualificato il passaporto vaccinale come un “requisito medico” necessario per mantenere aperte le frontiere.
Il World Economic Forum (che sponsorizza anche il Grande Reset) e la fondazione svizzera The Commons Project, a sua volta sostenuta dalla Rockefeller Foundation, hanno creato il Common Trust Network, che ha sviluppato l’applicazione CommonPass, destinata a diventare un passaporto sanitario nel prossimo futuro. L’app permetterà agli utenti di caricare dati medici come il risultato di un tampone Covid-19 o l’attestazione di vaccinazione, che genera un QR code che l’utente mostrerà alle autorità, come passaporto sanitario.
I media e gli “esperti” hanno sponsorizzato la proposta ritenendola a priori uno strumento necessario per la riapertura e il rilancio dell’economia. Ciò dimostra le spinte e gli interessi verso la creazione di un passaporto d’immunità da parte di certi settori che aspirano alla graduale trasformazione della società in un mondo sempre più globale, digitale, automatizzato, controllato e sorvegliato (in linea con i dettami del Grande Reset).
La paura di perdere la vita, citando il filosofo Giorgio Agamben, sta portando alla costituzione di un dispotismo tecnologico-sanitario che intende creare un nuovo mondo che, al di là dei proclami utopistici, rischia di divenire una gabbia elettronica, in cui tutti le nostre libertà personali verranno limitate in nome della biosicurezza e del biopotere.
Illustrazione di copertina: Davide Bonazzi