Postumanesimo. L’abolizione dell’uomo?
Per analizzare con probabilità di successo ciò che accade attorno a noi, c’è bisogno di tornare al fondatore della scienza politica, Nicolò Machiavelli. Occorre guardare “discosto”, come scrisse più volte il segretario fiorentino – ovvero a distanza, per rintracciare la “realtà effettuale”, e dai fatti “trarre significazione”. Il principio fu enunciato da Gesù in una parabola. “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere.” (Matteo, 7, 15-20)
L’albero dei padroni della postmodernità produce frutti tossici, geneticamente modificati nel nome di un piano di destrutturazione dell’uomo pervenuto allo stadio finale. Oltre cinquant’anni di decostruzione, culminati con l’aperta negazione del reale: uomo e donna sono costruzioni culturali; non esiste dimorfismo sessuale; la maternità non è assegnata alla donna dalla natura; la trascendenza, la spiritualità, la fede religiosa sono residui dell’ignoranza; la famiglia è una prigione; il ruolo maschile e quello femminile non esistono se non come imposizioni del potere. Scopo dell’uomo è l’utilità immediata delle sue azioni; la società di mercato è l’unica forma di organizzare i rapporti socio-economici; i malati, gli anziani, i depressi possono scegliere di morire; si ha ogni diritto di rifiutare di riprodurre la specie umana; chi vuole figli può “produrli” o commissionarli tecnicamente a qualsiasi età, senza riguardo per la presenza di un padre e di una madre, derubricati a numeri: genitore uno e due (ma anche tre e quattro, la tecnica può tutto).
Senza queste e altre menzogne che hanno profondamente mutato la visione della vita delle masse occidentali, oggi non sarebbe possibile l’immenso potere coercitivo che conduce al Grande Reset, alla dittatura tecnosanitaria, alla sorveglianza totale: la formattazione della creatura uomo secondo piani concepiti da una ristretta oligarchia. Si ha ragione di pensare – sulla base dei fatti e delle azioni– che l’obiettivo finale sia l’abolizione dell’uomo e la sua sostituzione con un tecno- Frankenstein altamente perfezionato rispetto al mostro di Mary Shelley.
Analizziamo alcune dichiarazioni di esponenti della classe di potere: per Karl Schwab, presidente del Foro di Davos, pontefice del Grande Reset, “i governi acquisiranno nuovi poteri tecnologici per aumentare il controllo sulle popolazioni, sulla base di sistemi di sorveglianza pervasivi e controllo delle infrastrutture digitali”. Non avrai nulla e sarai felice, dicono. Probabilmente perché non sarai più un essere umano. Guardiamo discosto e vediamo stagliarsi all’orizzonte lo scenario di un governo mondiale deciso ad applicare le più raffinate tecniche di controllo psicologico e fisico applicate alla repressione. Gli Stati sono il braccio secolare, i sicari di un mandante sempre più visibile: l’oligarchia universale padrona del denaro e della tecnologia, nonché della “narrazione” ad uso dei popoli.
Una cupola onnipotente come mai nella storia (non per caso materia espunta dagli studi) sta imponendo la sottomissione massima: quella che include la disponibilità del corpo fisico. Si tratta nientemeno che affidare la vita intera a una tecnocrazia che si sente autorizzata a non dare spiegazioni, sciolta dall’obbligo del dibattito razionale. Siamo i suoi burattini: vivere è una colpa. Lasciamo una scia organica; inquiniamo per il fatto di esistere; siamo potenziali virus l’uno dell’altro. Il messaggio è: umani, siete troppi e siete di troppo. Oligarchie per popoli superflui. Dal drone al pass, dal tracciamento con pretesto sanitario alla profilazione psicologica, emerge una civiltà del controllo totale. Viviamo in un clima pretotalitario.
Ci viene imposta un’identità digitale fornita di codice QR (è il fine del passaporto vaccinale, prima tappa della profilazione illimitata); dobbiamo dotarci obbligatoriamente di Spid, la chiave informatica di accesso per l’intera gamma dei servizi della vita sociale; teniamo in tasca carte magnetiche per gli usi più vari, il più importante dei quali è la sostituzione del denaro contante, che permette il controllo da remoto dei nostri soldi e dei nostri consumi. Presto passerà – per motivi sanitari lo invocheremo a gran voce – il principio che impiantare chip sottocutanei è cosa buona e giusta. Il potere è diventato biopotere, dispositivo di dominio sulla vita. L’uomo non è soltanto antiquato dinanzi al dispiegamento della potenza tecnica, ma inutile, superfluo, una creatura di cui vengono progressivamente alterate le caratteristiche ed attitudini naturali. Stiamo diventando, per volontà dei padroni universali, post umani.
I servi scaltri dell’oligarchia la chiamano pudicamente transizione digitale, senza dirci quali rischi corre l’essere umano e quali collegamenti esistono tra stato d’eccezione, restrizioni di libertà elementari a causa della crisi pandemica, ambizioni biotecnologiche e mutamento del concetto di uomo. Per Vittorio Colao, tecnocrate e ministro, “si potrà collegare tutto e avere una remotizzazione di tutti i controlli (fino) ai sistemi medici, quindi avere in tempo reale le condizioni di una persona e iniettare magari o rilasciare una sostanza medica che è necessaria per le condizioni della salute; cioè si potrà fare tutto in remoto, quasi istantaneamente. “
Roberto Cingolani, suo predecessore, aggiunge: “possiamo fare un robot che lavora dentro al corpo umano? Un anticorpo artificiale è un oggetto intelligente molto piccolo in grado di viaggiare nel corpo umano, trovare la cellula malata, sedercisi sopra e rilasciare in quella sede il medicinale che serve, o addirittura trascrivere la correzione alla sequenza genetica che vogliamo trascrivere. Quindi, è un’ambizione infinita che c’è dietro a questa tecnologia”. Stefano Panzeri, ricercatore, è ancora più chiaro: “si introducono con tecniche genetiche dei piccoli interruttori, delle proteine che si possono attivare, e quindi possono accendere o spegnere il neurone, mandando dei piccoli fasci di luce, in questo modo si inducono i neuroni a dire quello che noi vogliamo fargli dire. Siamo in grado di generare una sensazione virtuale dove non c’è veramente l’oggetto che si vuole rappresentare “. Uomo virtuale.
Questioni dirimenti, decisive per il futuro della specie non vengono più discusse. “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare”. La conoscenza, la morale, la politica come scienza del bene comune sono esautorate. La post umana futura umanità ha il cammino tracciato: nessun dibattito è ammesso. Le categorie di bene e di male sono espunte. Vince quello che Martin Heidegger chiamava gestell – impianto – l’involucro onnicomprensivo della scienza e della tecnica, saperi che “non pensano”. Non perché non usino il pensiero, ma in quanto, in conseguenza del loro modo di procedere, non ragionano come il “pensiero meditante”, la cui abolizione è uno dei tratti più sconcertanti del presente.
Inquietante – avvertiva Heidegger già alla metà del secolo XX – non è solo che il mondo si trasformi in un dominio completo della tecnica. Più grave è che l’uomo non sia preparato a questo radicale mutamento, che non sia capace di raggiungere, attraverso un pensiero meditativo, un adeguato confronto con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca.
La legge di Gabor, enunciata dall’ inventore dell’olografia, insegna che ciò che si può tecnicamente realizzare, qualcuno lo metterà in pratica. Per spingere l’uomo della strada a diventare post-uomo attraverso gli impianti neurali sarà portata al parossismo la speranza di vincere le malattie e estendere il piacere. Il resto lo faranno l’ansia di profitto, la smania di potenza e la hybris, la dismisura.
Matrix è la distopia fantascientifica dei fratelli Wachowski del 1999, un tempo che sembra lontanissimo. Nel film vi è un dialogo illuminante: “Che vuol dire reale? Dammi una definizione di reale. Se ti riferisci a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel reale sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello. Questo è il mondo che tu conosci: il mondo com’era alla fine del XX secolo e che ora esiste solo in quanto parte di una neurosimulazione interattiva che noi chiamiamo Matrix.”
È già, in parte, il nostro presente: incede l’Intelligenza Artificiale, la tecnologia informatica che rivoluziona il modo con cui l’uomo interagisce con la macchina, e le macchine tra di loro. L’intelligenza artificiale fornisce ad un robot qualità di calcolo che gli permettono di compiere in un baleno azioni, operazioni e “ragionamenti” complessi, fino a poco tempo fa caratteristiche esclusive dell’essere umano. L’ intelligenza artificiale renderà possibile alla macchina imparare dagli errori, svolgere funzioni fino ad oggi esclusive dell’intelletto umano. I robot fanno ormai parte del presente.
Di recente è stato presentato Tesla Bot, il robot umanoide di Elon Musk, uno dei membri dell’oligarchia tecnoscientifica. Si tratta di una macchina dall’aspetto umano alta 175 centimetri e del peso di 56 chili, in grado di camminare, trasportare carichi e sollevare pesi. Bot sarà buono, eliminerà compiti pericolosi, ripetitivi e noiosi, dice Elon Musk. Si muoverà nello spazio con quaranta motori; grazie a telecamere e sensori montati nella testa e nel busto saprà riconoscere gli ostacoli. La comunicazione tra robot e umani sarà empatica: il “volto” del robot è uno schermo su cui appare un viso umano stilizzato con la possibilità di varie espressioni, affiancate a informazioni scritte.
La scienza cibernetica lavora da tempo all’ibridazione uomo-macchina. L’acronimo IOT, Internet of the Things, Internet delle cose, identifica un mondo talmente nuovo da oscurare la Rete tradizionale: oggetti che si collegano alla Rete, lampadine “intelligenti”, portachiavi con localizzatore, sensori nel frigorifero e mille altri, a partire dalle Smart TV che possono diventare registratori.
Tutto va nelle direzioni del primato della macchina e della tecnica sull’uomo, relegato a un ruolo secondario, propaggine, anello debole dell’apparato tecnico. Cambiamenti tanto rapidi e imponenti, “disruptivi” ossia dirompenti, hanno generato un’ideologia, il transumanesimo, il cui simbolo è h+ (homo plus, uomo più). Il transumanesimo è un movimento che, attraverso l’uso sistematico e illimitato delle scoperte scientifiche e tecnologiche, propugna l’avvento di un’era in cui la macchina è in grado di migliorare le condizioni fisiche e cognitive dell’uomo, fino ad abolire l’invecchiamento, la malattia e addirittura la morte, in vista di una trasformazione post umana. Il termine fu coniato da uno strano gesuita, Pierre Teilhard de Chardin, autore di uno sconcertante Inno alla materia. “Benedetta sii Tu, universale Materia, durata senza fine, etere senza sponde, triplice abisso delle stelle, degli atomi e delle generazioni, tu che eccedendo e dissolvendo le nostre anguste misure ci riveli le dimensioni di Dio”.
Il transumanesimo fu teorizzato nel 1957 da Julian Huxley in “Nuove bottiglie per nuovo vino”, per descrivere l’uomo che trascende sé stesso al fine di guidare il processo evolutivo. Più di recente, è stato rielaborato da Max More come “filosofia che cerca di guidarci verso una condizione postumana”. Secondo l’esperto di intelligenza artificiale Robin Hanson è l’idea secondo cui le nuove tecnologie cambieranno il mondo a tal punto che i nostri discendenti non saranno più per molti aspetti umani.
Non si può dire che non parlino chiaro. Il post umanesimo, destinato a sfociare nel transumanesimo, è l’ideologia e l’obiettivo pratico dell’oligarchia al potere nel mondo occidentale (dai frutti li riconoscerete!). Se è vero, come scriveva Carl Schmitt, che ogni ideologia è una teologia secolarizzata, possiamo concludere che la teologia dei padroni della globalizzazione è il postumanesimo, un principio tecnocratico totalitario teso a trasformare l’uomo in una creatura profondamente diversa da quella che conosciamo. Temiamo che abbia colto nel segno C.S. Lewis annunciando l’abolizione dell’uomo. Alcuni uomini hanno lanciato una sfida mortale alla natura per conquistarla e assoggettarla, ma i loro successi non hanno esteso la felicità né dato potere agli altri uomini.
Il potere dell’uomo sulla natura è il dominio di pochi uomini sugli altri uomini. Scrive C.S. Lewis: “Ogni generazione esercita potere sui propri successori: ognuna, in quanto modifica l’ambiente trasmessole e si ribella contro la tradizione, resiste e pone limiti al potere dei propri predecessori. La conquista della Natura da parte dell’Uomo, se i sogni di alcuni pianificatori scientifici dovessero realizzarsi, corrisponderebbe al dominio di poche centinaia di uomini su miliardi altri uomini”.
L’umanità – Lewis scriveva nel 1943 – resta in balia di una minuscola minoranza di “pianificatori” e “condizionatori, armati dei poteri di uno stato onnipotente e di una irresistibile tecnica scientifica. “Avremo una razza di Condizionatori che potranno davvero modellare la posterità nelle forme che vogliono”. Una razza a parte che si pone al di là del bene e del male, agendo in base alla volontà assoluta. Io voglio è il loro unico credo, Il risultato, la conquista finale, si rivela come l’abolizione dell’Uomo ad opera di sociopatici che “hanno sacrificato la loro parte di umanità per dedicarsi al compito di decidere quale senso attribuire per il futuro alla parola umanità.”
Se questo è vero, se l’obiettivo dell’oligarchia post umana è costruire un mondo estraneo all’ordine naturale, il loro caos, la loro distruzione creatrice sono un totalitarismo più terrificante di tutte le dittature del passato.
EreticaMente / Illustrazione di copertina: Doug Chayka