Ritorno al futuro…
Quando decideranno di far terminare la (non) pandemia, riconducendo la narrazione su binari di maggior verità e dunque rileggendo i numeri alla luce di un’attenta analisi, dissipando ogni nube politica, allontanando ogni strumentalità e restituendoci la nostra vita, probabilmente ci sarà restituita la nostra normalità. O meglio, ci sarà restituita una normalità che non è la nostra ma le somiglia. Perché la nostra intanto saranno riusciti a spazzarla via. Un po’ come se avessimo affidato la custodia di un pechinese a un dog sitter e questi se lo fosse fatto rubare, restituendoci un altro pechinese molto simile, ma non il nostro affezionato cane.
Dico questo perché pure la nostra affezionata normalità non tornerà più. Affidata in custodia a chi ne ha fatto scempio e ora ce ne restituirà un’altra ‘simile’, ma assai diversa. Perché nel frattempo una grande fetta di Paese già non esisterà più, la povertà sarà diventata non un incubo ma una realtà per tantissimi, anche le giovani generazioni (annichilite da scelte e da Dpcm improbabili) saranno diverse: più sole, più smart e virtuali, più problematiche e anche (ma questa non sarà stata tutta colpa loro) più ignoranti e svogliate. Perché?
Perché derubate di un anno di vita serena e di socialità, senza essere mai state al fronte. Le vittime inermi (oltre alla classe media sotto un aspetto economico) di una guerra subdola che non ha insegnato loro a combattere e neppure ne ha forgiato la tempra. Ma invece costrette ad aver paura della libertà, psicologicamente ridotte come prigioniere in un lager, private di tutto (a incominciare dalle armi più elementari per difendersi: strumenti critici e vitalità).
No a scuola, sport, cinema, teatro, feste. No a concerti, pizzate, serate in compagnia, gite o partite di calcetto. No ad abbracci e baci. No a comitive e riunioni casalinghe di gruppo. Un no alla vita contrapposto non alla speranza, ma a un continuo bombardamento di messaggi e di notizie avvilenti e privi di prospettiva. Ecco, il problema del reinserimento dei giovani nella loro stessa società sarà come il reinserimento dei reduci dal Vietnam.
Ma con una aggravante rispetto a quel disagio post bellico: nessuno potrà stavolta gettare le braccia al collo di nessuno… perché stavolta difficilmente ci permetteranno (salvo umana e auspicabile ribellione) di tornare indietro dal maledettissimo principio del distanziamento sociale, ossia da ciò che il filosofo Diego Fusaro correttamente definisce “la nuova base di organizzazione disciplinare, economica e politica della società”
Perché statene certi: “Anche in futuro non smetteremo di vivere distanziati socialmente, con tutto ciò che comporta in ogni ambito, dall’economia alla politica e alla società”. E per averne la prova basta guardare alla pubblicità che danno in tv: quando iniziano a incentivarti all’acquisto di un “pratico portamascherine da tasca”, vuol dire che nei loro progetti quella mascherina non dovrai toglierla più. E la forza per convincerti non starà nel prezzo ma nella paura che ti avranno instillato.
Una paura e un pensiero unico inculcato con la forza dei media (come la propaganda e gli slogan di regime in una qualsiasi dittatura) in una società incardinata sul distanziamento sociale e sulla censura del dissenso, via social o più semplicemente attraverso pubblico ludibrio e penalizzazioni a danno dei propri diritti. Dice giustamente Silvana De Mari: “Ci trattano da bimbi deficienti per domarci. Lavati le mani, mantieni le distanze, metti la mascherina. Ben più che uno Stato-mamma”.
Uno Stato che un po’ ti protegge e un po’ ti priva dei tuoi diritti, un po’ ti compiange e un po’ ti vessa, un po’ ci marcia e intanto pensa a rieducarti: come in un laogai cinese. E il laogai non è un esempio fatto a caso. Uno Stato che incolpa la libertà di essere portatrice di morte, gli untori della passeggiata o della nuotata, e così ai più fragili, ai meno riflessivi, ai poco critici e soprattutto ai più coglioni, “insegna ad avere paura della libertà”.
Tendendo a ciò che non sarà più una società, ma un immenso DAD di massa: la didattica a distanza del Great Reset. E non c’è alcuna velleità complottista, tantomeno per logica. Complottismo sarebbe cercare di ricondurre i fatti a una teoria. Qui invece è esattamente il contrario: la teoria l’hanno esposta poche settimane prima della ‘sindemia’ nel meeting ‘World Economic Forum”.
E l’hanno esposta con entusiasmo gli stessi che oggi dicono di volerci salvare dal virus. E pure l’hanno messa nero su bianco e presentata in pompa magna. E non è complottismo scoprire che tutto sta andando esattamente secondo lo scenario di società ideale che i protagonisti del Forum auspicavano. Ma non era il ‘Congresso dei maghi indovini”, era il Forum dei padroni del mondo (alta finanza, politica internazionale, organismi sovranazionali, ‘filantropi’, Big Tech e Big Pharma’).
Vi hanno messo la soluzione sotto gli occhi, ve l’hanno annunciata in mille dichiarazioni, ve la stanno sventolando davanti. Ma come diceva un vecchio saggio, “se una cosa vuoi nasconderla bene, rendila molto visibile”. E infatti è così visibile che la maggioranza degli individui non la vede. E chi non vede il problema ne è parte. E sta più o meno ingenuamente contribuendo alla nascita di un ‘nuovo ordine sociale’ formato da un disarmato aggregato di solitudini.
Una società nella quale la vera preoccupazione di ognuno è immunizzarsi reciprocamente con distanziamento e autoesclusione, delazione e trasmissione della paura. Nella quale passano oramai inosservate contraddizioni e bugie, non interessa una corretta lettura dei fatti, non si insegue la verità ma la salvezza. Senza però capire che la vera salvezza arriva solo se si ha la forza e il coraggio di ristabilire la verità.
Un modello di società distopico e orwelliano che difficilmente ci abbandonerà. E ogni giorno ce lo dicono pure. Ascoltateli in tv i politici e i virologi, i “professionisti dell’informazione” del mainstream e gli opinionisti: ci anticipano che anche una volta finita l’emergenza noi dovremo continuare a vivere distanziati e con le misure emergenziali attive. E che pure se vaccinati, dovremo egualmente sottoporci al regime disciplinare terapeutico.
Un totalitarismo inedito: un regime green e smart, biosecuritario. Che per garantire la vita dal contagio limita con successo le libertà e i diritti e intanto ridisegna l’economia e la società a vantaggio dei grandi burattinai del mondo, tutti lì in prima fila a contribuire a inventare e applaudire l’avvio dell’operazione planetaria del Great Reset. WORLD ECONOMIC o WORLD PANDEMIC poco importa. Il fine da sempre giustifica i mezzi. E i morti sono solo ‘effetti collaterali’.
Parlate con i vostri figli, date loro gli strumenti per capire come dietro tutta una narrazione volutamente allarmistica ci siano altri scopi (e poca chiarezza. E ogni giorno ne ho sempre più prove e sempre meno risposte). E sosteneteli, abbracciateli, insegnate loro che non è con la paura di morire che si combatte la morte, ma vivendo e riaffermando la vita. Sotto i 55 anni il virus colpisce l’1.1% della popolazione ed è (salvo fisiologiche eccezioni) una forte influenza e nulla più.
Ma ogni sofisticata macchina da guerra – la storia insegna – è stata inceppata prima o poi da un granello di sabbia. O si combatte o si soccombe.
Ed è perciò inutile allora tatuarvi sulla pelle o scrivere sui vostri profili “vivi sempre come se fosse l’ultimo giorno”, se poi correte a fare la scorta di pane da congelare. Non smettete di fare i granelli. Fatelo per voi, ma soprattutto per i vostri figli. Io non ne ho messo al mondo uno perché diventasse uno schiavo digitale dei grandi burattinai. E voi?
Illustrazione di copertina: Davide Bonazzi