Scienza & coscienza. La lezione di Galeno
Quale atteggiamento coltivare nei confronti della scienza e della tecnica? Diffidenza o affidamento? Disprezzo o riguardo? Rifiuto o accoglienza?
Oscillazioni, ripensamenti, dubbi amletici: l’incertezza regna sovrana. Assistiamo tanto a un luddismo di ritorno nei confronti di tutto ciò che appare moderno, artificiale e futuristico, quanto a professioni fideistiche, decisamente acritiche e ingenue, sull’altare dello scientismo contemporaneo, la nuova religione positivista dedita ai dogmi comtiani dell’ordine e del progresso. Nero o bianco, cattivo o buono, razionale o bruto: l’antica lezione aristotelica del giusto mezzo è stata, purtroppo, dimenticata.
Esiste forse una terza via? Sono assolutamente convinto che vi sia un percorso del tutto differente, cioè quello di riscoprire la natura democratica dell’indagine scientifica, la sua fragilità e falsificabilità, il suo misurarsi quotidiano con il dubbio. L’emergenza sanitaria, la pandemia, le preoccupazioni terribili che ci affliggono, non solo non devono consentire una sospensione di tale medicinale contesa in seno alla comunità scientifica, ma avocano, invece, un dibattito ancora più aperto, informato, rispettoso e laico. Tutti hanno diritto all’esercizio del pensiero, alla critica costruttiva, al chiarimento ultimo e mai definitivo, al mito della trasparenza. Le paure sono legittime e non devono essere banalizzate o derise con facili paternalismi. Il rischio, altrimenti, è di trasformarle in angosce paralizzanti, incapaci di tracciare percorsi di rinascita, di dare vita a nuovi sogni, di avvertire il desiderio e il gusto dell’esistenza.
Rinunciare all’argomentazione e al confronto, che devono pur sempre essere condotti e improntati alla civiltà e al rispetto di tutti gli interlocutori coinvolti, rischierà sempre di consegnare l’umanità alle conclusioni che già furono di Galeno da Pergamo, medico e filosofo del II secolo d.C., cioè “la pretesa di insediare il medico a supremo direttore della salute anche mentale e morale dell’umanità: se infatti l’anima e le sue qualità dipendono dal temperamento delle qualità fondamentali del corpo, è il medico che può intervenire a modificare in meglio le anime degli uomini operando sul regime di vita e sulla dieta e correggendo così il rapporto delle qualità elementari che è l’essenza stessa dell’anima” (P. Donini, Le scuole, l’anima, l’impero: la filosofia antica da Antioco a Plotino, Torino, Rosenberg & Sellier, 1982, p. 131).
E ancora: “Il metodo ippocratico come educatore scientifico dell’umanità dovrebbe ora direttamente sostituire gli screditati filosofi delle scuole, come anche i politici ideali delle vetuste teorizzazioni dei classici. Questo progetto non più filosofico, non più utopico, ma lucidamente razionale e scientifico, implica anche l’adozione, serenamente prevista e pianamente giustificata, di radicali misure repressive: dove il medico-educatore non può correggere i temperamenti, subentrerà senza esitazioni il carnefice. Tale è appunto la lezione del quod animi mores” (Ivi, pp. 131-132).
Una visione antropologica piuttosto negativa, improntata al pessimismo, che avrebbe condotto Galeno alla ben radicata convinzione di come “l’uomo di scienza e di ragione [dovesse] difendersi da questo mondo, e dalla sua stessa anima, con una sobria e tenace dedizione agli studi, con la frequentazione di suoi simili che lo [ponesse] al riparo dalla corruzione dei tempi” (M. Vegetti, Galeno, in “Enciclopedia Treccani”, online).
Galeno, uomo di scienza, legato al reale, all’empirico, adottava così un armamentario concettuale di tipo metafisico, consacrando se stesso, e la dignità della sua professione, a una missione salvifica, intenta a correggere e a educare un’umanità facile preda di istinti e irrazionalità diffuse.
Pur non cedendo ad accostamenti anacronistici o a riletture prive di profondità storica, non rinunciamo nemmeno a sottolineare come certune tendenze tendano a ripresentarsi nel corso dei secoli. Salute e salvezza, un connubio matrimoniale davvero antichissimo.
Illustrazione di copertina: Stephan Schmitz