Se ne va Montagnier tra l’odio di chi non ama la libertà
È morto o non è morto Luc Montagnier, il premio Nobel? È morto, ma siccome siamo nel tempo dell’informazione globale non si mai è sicuri di niente. O, come diceva l’ex “elevato” Grillo: quello che sai è falso, quello che non sai è vero. Non sapevamo degli intrighi del Movimento 5 Stelle, della Casaleggio Associati, ma adesso che lo sappiamo non è meno vero di prima. Montagnier è morto e si congeda dal mondo con una frase roboante, l’ultima pubblica, pronunciata a Milano meno di un mese fa alla manifestazione antivax di Paragone: “I non vaccinati dovranno salvare il mondo”. Biblica, esagerata, senza dubbio, ma lo scienziato quanto a vaccini ed effetti ci aveva preso; previde che non sarebbero durati, che non avrebbero risolto, che erano lo strumento di un disegno totale, e qui forse andava oltre, ma chissà; disse pure che il Covid era alchimia da laboratorio, altro che pipistrelli al mercato: lo attaccarono, rovesciando la sua immagine di santone della medicina, lo fecero passare per uno stregone di un altro tempo. Ma chi gli dava del rincoglionito, certi viroparassiti in cerca d’autore, non vale un suo sputo.
Sì, Montagnier si era votato alla causa omeopatica, aveva a volte toni apocalittici che potevano suonare indisponenti ma le sue ricerche sull’Aids, la sua importanza come uomo di scienza non possono essere contestati anche se lui esce di scena inseguito dall’odio dei buoni: ah, si è beccato il Covid, ben gli sta, si è infettato a Milano difendendo i novax, lo hanno ammazzato loro. Altri insinuano l’ennesimo decesso misterioso, come in un libro di Le Carrè: ma che c’è di strano se un vecchio di 90, in carrozzina, già malandato, alla fine si arrende?
Siamo nell’epoca dell’information overload, del sovraccumulo di notizie che non sono notizie e se muore un anziano scienziato si può dire tutto e il contrario di tutto, lo si può trovare misterioso e maledetto, non si capisce di cosa sia morto e, per ore, per giorni, neppure se sia morto davvero. Non aiutano neanche i cani da tartufo chiamati debunker, gente messa lì per distorcere, per mentire con la scusa di voler fare chiarezza, di contribuire alla verità.
Faziosi, omertosi ma all’occorrenza ficcanaso come spie di bassa lega. Ma che farci, nella stagione dei giornalisti saltimbanchi, dei provocatori che vanno e vengono dai reality e poi se la tirano da professori? Montagnier professore lo era sul serio, era un uomo di scienza e se n’è andato incitando a difendere la libertà: ne hanno fatto un totem e allo stesso tempo lo hanno odiato, perché la libertà ormai è un peccato, una colpa, una vergogna e se uno la difende deve scontarlo.
A Urbino, nelle Marche, due giovani ristoratori hanno messo un cartello dove stava scritto: non smettete di vivere per paura di morire. Subito gli sono piombati addosso prima una pattuglia di poliziotti, poi di carabinieri intimando di togliere tutto e minacciandoli pesantemente. Roba cilena ma la gente lo ha trovato normale come troverebbe normale se i due poveri ragazzi sparissero di colpo. Nessuno fra le istituzioni o della politica ha detto niente, il manovratore non va disturbato e del resto si complica la vita già da solo. Non diciamo poi di Mattarella. Ma un episodio simile la dice lunga così come la dicono lunga i titoli dei giornali di regime che oggi strillano: il Paese rinasce senza la mascherina all’aperto. Per Gramellini addirittura “ci mancherà”. A lui sì e si può capire. Sì, certo, la mascherina ci mancherà, il greenpass ci mancherà, la psicosi ci mancherà, Speranza e Locatelli ci mancheranno, tutto rimpiangeremo fuorché la libertà. Montagnier, uomo di morbi e di polemiche, aveva saputo unire due faccende complicate come scienza e democrazia, si era preso il lusso di dire forte e chiaro che senza rispetto dell’individuo, senza una sfera inviolabile della persona, senza difesa della libertà niente ha senso, non la scienza, non il progresso, non la politica stessa. Lo ha fatto con toni a volte sopra le righe, ma il messaggio non può essere equivocato anche se ci hanno provato, ci stanno provando in tutti i modi. E la libertà è anche quella di morire a 90 anni su una carrozzina difendendo la vita in tutte le sue responsabilità; non certo quella di sbagliare ogni previsione, di cambiare posizione due volte al giorno, trafficando con sponsor e finanziamenti, compiacendosi ospitata dopo ospitate, flautando alle orecchie giuste: “Io in politica? Mai dire mai…”.
Culturaidentità / Illustrazione di copertina: Tang Yau Hoong