Sfruttatori e sfruttati
Io non so se il tappo stia saltando, se il vaso di pandora si stia scoperchiando, ma so di certo che solo le persone fuori dalla realtà – e sono tante, tantissime – possono dirsi soprese, alcune addirittura indignate, per le proteste di ieri a Montecitorio.
Dopotutto, secondo un recente sondaggio dell’Istat per il 91,4% dei cittadini italiani la TV e il mainstream rappresentano il principale canale informativo, pertanto la stragrande maggioranza non è minimamente a conoscenza del fatto che da diverse settimane in moltissimi paesi nel mondo ci sono state enormi proteste, decine e decine di milioni di persone che vedono i propri diritti calpestati con il pretesto ormai poco credibile di una pandemia che sta volutamente rovesciando il sistema economico mondiale.
Sono tanti, troppi gli italiani che non lo sanno o non lo vogliono neanche sapere. Come soldatini senza volto, camminano soli, assenti, infastiditi dal prossimo e ti domandi come sia potuto succedere. Ridicoli e grotteschi, non sanno o non vogliono sapere che sono aumentate di un milione le persone disoccupate, che ci sono oltre quattrocentomila attività che non apriranno più; non sanno e non vogliono neanche sapere che le file chilometriche fuori dalla Caritas o dal Pane Quotidiano non sono altro che la punta dell’iceberg della disperazione dilagante, che sono più di cinque milioni gli italiani sotto la soglia della povertà assoluta.
Facile dire che la colpa “dopotutto” è del virus, che “dopotutto” è così in tutto il mondo, quando hai uno stipendio garantito o i quattrini di famiglia che ti tengono il culo al caldo, facile dirlo quando la pseudo-pandemia è diventata prima di tutto una questione ideologica, quasi religiosa. Non sanno o non vogliono neanche sapere che ad esempio la mortalità in Europa è inferiore al 2019 e al 2018, che sono invece aumentati a dismisura i suicidi e i morti per tutte le altre patologie che non vengono più monitorate, che si sta compromettendo drammaticamente la cultura, che si sta negando l’infanzia ai bambini, la vita e il futuro ai giovani, e che basterebbe un briciolo di sanità mentale per rendersi conto che tutto ciò che sta accadendo non ha alcun nesso con la nostra salute. A loro, quelli che portano i figli al parco mascherati, non importa tutto questo, nemmeno il fatto – e non ci voleva di certo uno studio scientifico per confermare ciò che è ovvio – che è praticamente impossibile il contagio all’aperto.
Se per una parte di queste persone la componente della paura fa da padrone a causa di quattordici mesi di terrorismo mediatico, molti altri invece si muovono ormai come adepti di una nuova società inumana, supportando la scelta di costringere chiunque a rinunciare ai propri diritti nella folle ricerca dell’inesistente “rischio zero”, passando da una rassegnata e acritica sottomissione fino ad uno smodato fanatismo, il cocktail perfetto per ottenere quel livello di manipolazione che rende cechi e insensibili al prossimo. Cechi da non capire che le chiusure prolungate siano una scelta politica e non sanitaria; insensibili in quanto influenzati dalla mistificazione, dalla continua alterazione dei fatti da parte di un’informazione criminale che è una delle principali cause della follia collettiva in corso.
Che livello di ipocrisia ci vuole per stupirsi del fatto che la disperazione di un tessuto sociale di piccole e medie imprese che si trovano davanti al fallimento delle proprie vite, alla distruzione del proprio lavoro e della propria storia possa tramutarsi in rabbia? Che livello di disonestà intellettuale ci vuole – davanti a un tragedia sociale senza precedenti – per puntare i riflettori su un coglione vestito da vichingo di Capitol Hill o su una piccolissima minoranza di estremisti politici che – come è sempre accaduto in passato – cercano di cavalcare l’onda delle proteste, o addirittura per focalizzare l’attenzione su qualche “criminale” con la mascherina abbassata?
Riprendo le parole di Riccardo Paccosi tratte dal suo ultimo libro:
“L’aspetto più paradossale, è la spudorata tendenza a qualificare come “fascismo” tutte le forme di opposizione sociale alla globalizzazione.
Pensando a quotidiani come Repubblica – che sono legati a élite economiche sul piano degli assetti proprietari – impegnati in questa manipolazione linguistica, potremmo dire che quest’epoca, fra le tante cose, ci ha dovuto fare anche assistere allo spettacolo della classe degli sfruttatori che definisce fascista la classe degli sfruttati.”
Illustrazione di copertina: Joey Guidoni