Si torna a scuola, in un Paese perduto
Nei prossimi giorni ricomincerà la scuola. Sarà ancora la scuola delle esperienze e dei volti negati, dei bambini e ragazzi untori, involontari assassini dei docenti e dei loro parenti. Sarà quindi una scuola con i bambini che indossano le mascherine per tutto il tempo a partire dai 6 anni di età (in barba alle indicazioni e ai rischi segnalati dall’OMS, e a una serie di pronunciamenti dei tribunali italiani, passati come acqua corrente); con l’intera classe destinata alla DAD anche con un solo alunno positivo; con la possibilità di togliere la mascherina, sopra i 12 anni, solo con il 100% degli studenti vaccinati (colpevolizzando implicitamente gli eventuali non vaccinati, e in barba alla possibilità dei vaccinati di infettarsi e di infettare; una eventualità minore, rispetto ai vaccinati, ma non assente, e tuttavia trattata come tale allo scopo evidente di far funzionare un sistema di premi/punizioni/mortificazioni); con il green pass richiesto ai genitori per entrare a scuola per qualsivoglia motivo (ma non per entrare al supermercato, dal fornaio, in metropolitana, alle poste, in chiesa); con il green pass richiesto ai ragazzi sopra i 12 anni per tutte le attività formative extrascolastiche (la formazione e l’educazione non iniziano e non finiscono nella scuola, per fortuna; ma quest’anno sarà così, in larga parte, per gli adolescenti e i post-adolescenti non vaccinati); con gli studenti universitari obbligati a mostrare il green pass per frequentare l’università in presenza, e nel caso di alcuni atenei anche per poter sostenere gli esami a distanza (chi avalli una tale discriminatoria contraddizione logica non pare meritevole di essere considerato custode di un luogo votato alla elaborazione e trasmissione del sapere).
Tutto questo, nonostante che la campagna vaccinale sia un clamoroso successo (ma qualcuno ha interesse a fare apparire questo successo come un fallimento tale da giustificare green pass, caccia alle streghe e minacce di chiusure e restrizioni, avendo alzato di mese in mese l’asticella del traguardo percentuale); e nonostante che nella scuola l’adesione spontanea del personale sia stata ben del 90% (ma quel 10% restante giustifica ovviamente l’obbligo imposto alla categoria, a costo di creare drammi personali e familiari e di perdere una parte del corpo docente nazionale).
Per l’ennesima volta, questa prevaricazione dello Stato volto a farsi entità etica, questa interpretazione irrazionale dei dati tesa a mantenere le persone nel terrore e ad alimentare odio sociale, questa indifferenza per la logica che fonda divisioni e forma mentis tribali, sono prerogative tutte italiane.
Se il 90% dei docenti vaccinati sembra poco, al punto da imporre l’obbligo e arrivare così al 100%; e se con questo effettivo 100% del personale scolastico vaccinato non siamo capaci di restituire serenità, normalità, piene opportunità di crescita sana e di apprendimento ai bambini e ai ragazzi, l’Italia è un Paese perduto.
Oppure qualcuno dichiari che l’immunizzazione non serve a nulla, che la straordinaria, gigantesca riduzione del rischio data dai vaccini non serve NEANCHE a perseguire un obiettivo che DEVE essere prioritario: restituire ai nostri figli quanto di essenziale gli è mancato negli ultimi 20 mesi. Qualcuno dichiari apertamente che non c’è riduzione del rischio che possa rientrare entro una dimensione accettabile, perché il Male Metafisico può essere soltanto cancellato raggiungendo il rischio zero, senza compromessi. Cioè, tramite il continuo rinnovamento di esorcismi, rituali e sacrifici umani, dato che il rischio zero non può esistere, considerata la natura di questo virus e le caratteristiche dei vaccini e dei farmaci attualmente disponibili.
Di nuovo, se questa del rischio zero, della purezza microbiologica, è l’ideologia condivisa tra governanti e governati, l’Italia è un Paese perduto.
Ma certo: poi basta dire Delta, e ogni ragionamento crolla. Adesso bisogna proteggere i bambini e i ragazzi, la variante colpisce soprattutto loro. E non importa che a fronte di una circolazione nettamente superiore del virus tra i giovanissimi non siano aumentati i ricoveri, e meno che mai i decessi. Poi, quando ce ne saremo accorti, sarà già pronto un nuovo spauracchio, che rilancerà un traguardo di normalità anche solo parziale oltre l’orizzonte.
Naturalmente non importa a nessuno che la Danimarca, con il 70% di popolazione completamente vaccinata (noi oggi siamo al 64% e con le seconde dosi dovremmo superare il 70 a breve), abbia dichiarato finita l’emergenza e abbia tolto, già da due giorni, tutte – tutte – le restrizioni sociali. Rinunciando perfino ad avviare una caccia alle streghe contro quel 30% di non vaccinati, che pure sarebbe un modo facile e politicamente redditizio per far sfogare a molte persone rabbia, frustrazione e sofferenze accumulate in questi 20 mesi.
Per concludere, non risulta che sul piano delle migliorie strutturali siano stati fatti sforzi sovrumani in questo ultimo anno, per rendere la vita scolastica compatibile con l’eventuale prolungamento di un rischio sanitario, o con il proporsi nel prossimo futuro di nuove, analoghe – o magari peggiori – situazioni critiche.
C’è l’emergenza. C’è lo stato di emergenza infinito. Ma tutte le soluzioni strutturali sono rimandate. Classi pollaio? Strutture fatiscenti e inadeguate? Barriere architettoniche? Personale carente, precario, nominato fuori tempo massimo (da noi il tempo pieno inizia il 4 ottobre)? Docenti spediti da Napoli a Firenze, da Palermo ad Aosta, che non aspettano altro che il trasferimento, con il risultato di un vissuto scolastico, didattico e relazionale, da parte dei bambini e dei ragazzi, totalmente discontinuo, spezzettato e arbitrario? E i mezzi pubblici? Qualche convenzione con i mezzi privati per gli studenti e le persone fragili?
Vabbè, tanto sono arrivati i vaccini e ci si può rilassare; questi annosi problemi si potrebbero risolvere solo con un miracolo, e adesso non c’è più tanta urgenza di farlo – e poi i quattrini sono destinati ad altro. Solo che una vastissima copertura vaccinale non giustifica l’allentamento delle restrizioni, ci dispiace.
Questo è il cul de sac di un Paese perduto.
Ma teniamo il cuore rivolto al bene, alla civiltà, alla cultura, all’infanzia, all’istruzione, al futuro, e continuiamo a lottare.
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In un articolo congiunto uscito sul “Corriere della Sera”, l’epidemiologa Sara Gandini e il pedagogista Daniele Novara, due studiosi di grandissima autorevolezza, mettono in evidenza le differenze tra Italia da una parte e Germania e UK dall’altra, in materia di quarantene nelle classi. In questi due paesi, in caso di un alunno positivo, lui e la sua famiglia sono gli unici ad andare in quarantena. Non i contatti stretti, come i compagni. La scuola continua. Già l’anno scorso, in piena seconda ondata, per la Francia ci volevano 3 positivi in una classe per mettere l’intera classe in quarantena. Noi siamo fermi a 1 positivo, classe in quarantena. Con gli screening a tappeto che continueranno (mentre sono stati interrotti negli altri Paesi) che ovviamente troveranno positivi asintomatici.
In un altro articolo uscito su “Vita” ancora Daniele Novara parla di una scuola che riapre con misure restrittive incomprensibilmente sproporzionate, a scapito della serenità e della crescita dei bambini e dei ragazzi: “Se la scuola è una comunità sociale di apprendimento, se la scuola è un luogo dove si creano relazioni sia verticali fra insegnante e i suoi alunni che orizzontali fra gli alunni stessi e se queste relazioni sono generative e maieutiche per il lavoro scolastico e il corrispondente apprendimento, una vera relazione si basa sulla disponibilità del proprio volto. Il volto da sempre rappresenta la forma di immedesimazione empatica di reciprocità, di scambio, di comunicazione. Ne sanno qualcosa le mamme a cui la natura sottopone il sorriso disarmante del neonato proprio per attivare le strutture neuronali corrispondenti all’accudimento. La mascherina sottrae la possibilità del sorriso, del passaggio di emozioni che solo il volto riesce a trasmettere e impedisce un ascolto basato sulla struttura organica e integrale della faccia come elemento che caratterizza la nostra stessa umanità. La mascherina crea impedimenti comunicativi ed empatici con gravi ripercussioni sulla costruzione di una vera comunità scolastica. Di certo gli occhi non esprimono tutte le concomitanze comunicative che i volti garantiscono. Né la DAD né le mascherine vogliono dire vera scuola.”
E ancora Novara, in un articolo su “Redattore sociale”: “si torna come a giugno, con le stesse restrizioni. Anche quando saranno tutti vaccinati, insegnanti e ragazzi, dovranno stare distanti o indossare la mascherina? Io questa la chiamo crudeltà.” Per ricordarci una realtà tragica che continuiamo a rimuovere: “Perché non diciamo quanti di loro si sono tolti la vita dall’inizio della pandemia? Vi assicuro che sono molti di più di quelli che ha ucciso il Covid.”
Militanza del fiore / Illustrazione di copertina: Paolo Beghini