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Splendori politici e miserie scientifiche del Green Pass

   Il tempo, si dice, è galantuomo. E la verità è figlia del tempo. Il Green Pass, come sappiamo, è entrato in vigore il 6 agosto 2021. Per valutarne la fondatezza scientifica, offro una breve sintesi storica. A beneficio di tutti, spero. Ma in particolare, di coloro che, conoscendo poco o male i dati, hanno avuto anche scarso riguardo alla scansione temporale degli avvenimenti. Dico subito, però, che i dati che adesso rimetterò in fila erano chiari da sempre. E a disposizione di chiunque. Bastava prenderli in considerazione, con scrupolo e onestà. Dissociandosi dalla strumentalizzazione politica. Ed è grave che dati così chiari siano stati misconosciuti da coloro che vengono stipendiati per osservare, studiare ed esercitare un disinibito spirito critico. E, di conseguenza, per promuovere la consapevolezza culturale e civile dei cittadini.  

   Torniamo alla scorsa estate. Israele, come noto, è il laboratorio della Pfizer: da lì, con buon anticipo, giungono le informazioni sui vaccini a mRNA. Con giubilante cinguettio urbi et orbi, il 15 giugno Roberto Burioni asserisce che la terra di Israele è “libera dal Covid […] grazie ai vaccini”. Purtroppo, le promesse di salvezza regalate dai tanti apostoli di quello che Ivan Illich avrebbe definito “scientismo narcisistico”, risultano azzardate. Peccati di fede, ma la fede non ha nulla da spartire con la scienza. E difatti, il 17 luglio il Primo Ministro di Israele Naftali Bennet dichiara mestamente che la protezione dall’infezione dei vaccini è “significativamente inferiore” rispetto alle attese.

   Nel frattempo, l’Inghilterra, l’altro paese all’avanguardia nella pratica della vaccinazione, sta vivendo la stessa situazione, pur utilizzando Astrazeneca, il siero ormai dimenticato, anche se sarebbe più giusto dire rimosso. Oltre che nei Report della Public Health,da metà luglio in poi sui media inglesi circolano brutte notizie, che fanno il paio con quelle di Israele: i casi di vaccinati contagiati stanno aumentando vertiginosamente. Ma, come in Israele, c’è di più e di peggio: si registrano vaccinati ospedalizzati. E, purtroppo, anche vaccinati deceduti.

   Taccio sulle complesse problematiche relative alla sicurezza dei vaccini – sull’affaire AstraZeneca, ad esempio, o sui trucidi Open Days per adolescenti, lascio la parola ai futuri storici della medicina, se non agli storici della morale. A me interessa sottolineare che i dati confermano la validità dei vaccini come buon deterrente contro la malattia grave e la morte. Ma, sin dalla tarda primavera del 2021, mostrano anche che l’immunizzazione è un miraggio che svanisce insieme alle fanfaronesche percentuali sbandierate dai produttori. Dunque, il campo dei potenziali untori si allarga, mettendo i contagiati vaccinati e i contagiati non vaccinati sullo stesso piano. Difatti, pur con colpevole ritardo, il 28 luglio, ecco l’inequivocabile dichiarazione di Anthony Fauci: “I dati mostrano chiaramente che quando una persona vaccinata viene infettata può trasmettere il virus […] Il livello di virus nei vaccinati che si infettano […] è esattamente lo stesso rispetto al livello di virus nelle persone non vaccinate”.

   Lascio da parte il fatto che i nuovi studi sull’efficacia dei vaccini forniscono dati ancor più deludenti, prefigurando l’incubo del booster ad infinitum. E anche che molte delle informazioni offerte dalle case farmaceutiche potrebbero essere state maramaldescamente artefatte sin dall’inizio, come sembra suggerire Peter Doshi sul BMJ. Non è mio compito parlare di vaccini. Ne parlo solo relativamente al Green Pass e alle sue deliranti declinazioni. Ne parlo solo per dimostrare cosa fosse in realtà il decreto del 23 luglio 2021: un esercizio di dispotismo, cinico e tracotante, privo di razionale scientifico. La tetra stagione politica e sociale che stiamo vivendo è inaugurata da un “arbitrio”, come lo definì con perfetta excusatio non petita – e, dunque, illuminando la sottintesa culpa – lo stesso Draghi. Ricordo ancora una volta le parole usate nella conferenza stampa del 22 luglio, rammentando anche che nessun membro del governo ha avuto non tanto il coraggio, quanto la dignità di chiedere scusa al paese: “Il Green pass è una misura con la quale i cittadini possono continuare a svolgere attività con la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose”.

   Per mesi la propaganda in salsa scientista ha fatto finta di niente. Da una parte ripetendo lo slogan della “pandemia dei non vaccinati” – ma bastava guardare le curve epidemiche dei paesi più vaccinati al mondo per capire la bestialità scientifica che ci stavano propinando. Dall’altro, continuando a costruire il nemico interno, il sempre utile capro espiatorio. Mesi di gride manzoniane con i decreti a cascata. E mesi di grida, sempre manzoniane, nel circo mediatico: “dagli all’untore!”. Così, prima che qualche opinionista di rilievo decidesse di correggere con fermezza questa colossale opera di Disinformatia,abbiamo dovuto attendere metà dicembre. Del resto, la variante Omicron, isolata l’11 novembre in Botswana, ha reso ancor più ridicolo il principio di fondo del Green Pass: una farsa invereconda, con le ricadute che conosciamo sulla vita e sul lavoro dei cittadini. Omicron è assai meno pericolosa, ma elude ancor di più la protezione vaccinale. Il CDC (20 dicembre) ha ribadito che i vaccinati possono infettarsi e, pur essendo asintomatici, infettare. E un rapporto dell’Istituto Koch (30 dicembre) ha mostrato che in Germania il 90% dei casi Omicron riguardano persone vaccinate. 

   I dati che ho rimesso insieme sono impietosi quanto imbarazzanti. Definito “geniale” dal ministro Brunetta, il Green Pass è divenuto sempre più il feticcio di un totalitarismo arrogante e insipiente. Pericoloso per la democrazia, perché teso a compromettere o alienare diritti fondamentali della persona. Pericoloso per la salute pubblica, perché ha paradossalmente favorito il contagio regalando ai vaccinati uno stolido senso di sicurezza. Pericoloso, infine, perché capace di lacerare ancor di più il tessuto economico, sociale e psicologico di un paese stremato e incattivito.

   Quando è stato introdotto il Super Green Pass – un “nuovo paradigma”, ovvero “un obbligo non obbligatorio” -, il fine costituzionalista Michele Ainis ha scritto: “Nessuno scandalo, il governo talvolta dev’essere insincero, per non allarmare i cittadini”. D’accordo, nessuno scandalo, chi vuole solidarizzi gongolante con questa grottesca e tartufesca rivisitazione della Ragion di Stato e con un governo che, calpestando il principio di proporzionalità, il più sacro della nostra Costituzione, impone divieti senza fondamento scientifico. Lo scandalo, in effetti, è un altro: è la pecorile distrazione del mondo della cultura, che non è stata meno colpevole e ripugnante della trucibalda connivenza. Mi permetto di ricordare a tutti i liberi cittadini una cosa molto semplice: accettando che l’insincerità della politica si associ all’insincerità degli ‘esperti’ – o alla loro vanità, alla loro stupidità -, rischiamo di preparare la nostra nemesi, per usare un’altra parola cara ad Illich.

   Non so se e quando riusciremo a liberarci dalle vergognose discriminazioni messe in opera col Green Pass. Né dalla conseguente follia burocratica. Certo non basterà Amnesty International, già intervenuta duramente. Ma dovremo liberarci anche dallo scientismo cabarettistico. E rispettando l’umile metodo e i tempi lunghi della scienza, verificare quante sciocchezze sono state dette e fatte in nome della scienza. Per chiudere con un po’ di ottimismo, però, segnalo che in un’intervista del 27 dicembre, Andrea Crisanti ha risolutamente affermato che il Green Pass “non garantisce luoghi sicuri”. E, a conferma della sua inutilità, ha perfino asserito che “sono i vaccinati […] che contribuiscono in maniera elevata a diffondere il virus”. Benché tardivo, credo che il grande psichiatra Oliver Saks lo avrebbe definito un “risveglio”. Bene, lo salutiamo con gioia, sperando sia il primo di una lunga serie di risvegli fondati sulla scienza. E non, come nel caso del Green Pass, sul suo osceno pervertimento politicamente e mediaticamente pilotato.

   Allora, siccome l’ho citato più volte, seguo Illich anche quando dice che nelle controversie pubbliche bisogna saper “demolire le bugie con le risate”. Forse mi sbaglio… Ma credo che una parte dei cittadini italiani marcati con codice a barre, quanto meno quelli dotati di buon senso e non ancora sopraffatti dal senso comune, vincendo la paura pandemica e l’atavico servilismo… sì, io credo che oggi, riecheggiando una celebre e liberatoria battuta, potrebbero dire in coro al governo di migliori: “il Green Pass è una cagata pazzesca!”. Probabilmente, ci sarebbero ben più di 92 minuti di applausi.

Prof. Marco Villoresi

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Illustrazione di copertina: Francesco Bongiorni

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