Società

Stato di incertezza costante

Nei manuali di tortura dei servizi segreti si apprende che il metodo migliore per far crollare psicologicamente una vittima consiste nel mantenerla in uno stato di costante incertezza. Più delle percosse, più della violenza fisica ripetuta, se l’obbiettivo consiste nella resa psicologica totale del soggetto il percorso migliore per raggiungere lo scopo si ritrova nell’offrire segnali altalenanti, contraddittori, nell’alternare punizioni a piccole concessioni.

In una situazione di costante privazione e violenza, infatti, la vittima è destinata a cedere totalmente diventando catatonica ed infine insensibile ad ogni ulteriore sopruso, oppure, in casi rari, potrebbe sviluppare una resistenza fisica che la renderebbe infine indifferente ad ogni tortura.

Questo accade perchè, ed è un fenomeno ben noto, il corpo umano ha una grande capacità di sopportazione, a patto che sia consapevole di cosa lo attende, potendo così prepararsi ad affrontare la violenza e il dolore. Quando quel limite di sopportazione viene superato, e il corpo comprende che non potrà reggere ulteriormente, la volontà cede di colpo, si entra in uno stato catatonico, ed ogni ulteriore stimolo non viene percepito.

Questo risultato non è quello auspicato dai torturatori, che al contrario desiderano una vittima piegata ma ancora disposta a collaborare, non una vittima assente.

Per ottenere l’obbiettivo voluto, di conseguenza, è importante piegare la volontà del soggetto dandogli l’illusione che il suo stato può migliorare, a certe condizioni, che la resistenza è inutile e che la salvezza arriva dalla collaborazione.

Per tale ragione il soggetto-vittima viene sottoposto a momenti in cui subisce una violenza al limite della sopportazione fisica, a cui seguono situazioni in cui i torturatori mostrano un volto più umano, accondiscente, in cui vengono offerte anche delle piccole concessioni.

Questo atteggiamento, da parte del torturatore, produce nella vittima un doppio effetto: in primis, la psiche del soggetto ricevendo segnali totalmente contrastanti va in crisi e crolla, divenendo malleabile e manipolabile.

I segnali contrastanti infatti impediscono alla psiche stessa di preparare ed attuare una effettiva strategia di resistenza: non sapendo cosa aspettarsi, e non sapendo quale sarà l’atteggiamento dei torturatori, il soggetto non è in grado di prepararsi in maniera adeguata a quello che lo aspetta.

Questo è un concetto molto importante, da sempre sfruttato dai migliori strateghi durante i conflitti.In secondo luogo, la presenza degli atteggiamenti “gentili” che si alternano a quelli di violenza manda alla vittima un segnale inconscio che gli suggerisce che vi sia ancora una speranza di superare la propria condizione.

Questa convinzione fa in modo che la volontà non ceda mai del tutto, perchè vi è ancora “speranza”, e porta col tempo il soggetto a divenire collaborativo, dal momento che la vittima ha intravisto nel carnefice un “lato umano”, e prova a mettere in atto gli atteggiamenti adeguati che possano appellarsi proprio a quella umanità del carnefice stesso.

Che sia un caso o meno, non è per nulla complicato intravedere tutte queste tattiche messe in atto in maniera scientifica dai vari governi negli ultimi mesi, laddove nella parte della vittima si ritrova l’intera popolazione.

Possiamo infatti osservare come da quasi due anni ci troviamo di fronte ad una serie continua e ripetuta di segnali contrastanti, totalmente contraddittori, offerti da chi gestisce la narrattiva corrente.

Da un piccolo sacrificio di due settimane da compiere per ritornare all’agognata normalità “più forti di prima”, ad una brutale cessazione di tutte le attività sociali a tempo indeterminato, per passare poi a delle timide aperture sotto rigide condizioni, fino all’arrivo del salvifico siero che avrebbe finalmente rimesso tutto a posto (“ne usciremo solo col vaccino”, concetto ripetuto come un mantra per mesi, fino ad essere introiettato dalla maggioranza alla sorta di una Verità di fede calata dall’alto, e mai più messa in discussione).Per poi scoprire che ancora non basta, che il siero è essenziale ma non sufficiente, che occorre ancora non abbassare la guardia.

E quindi ancora privazioni, ancora torture, ma anche piccole concessioni per chi si concede anima e corpo al torturatore. Il tutto condito dalla totale incertezza della durata delle misure in atto. Due mesi, tre mesi, forse per sempre, torneremo come prima, o forse nulla sarà come prima, dobbiamo farlo per recuperare la nostra normalità, ma la vecchia normalità dobbiamo anche dimenticarla. Col siero finirà tutto, però non protegge del tutto, e a quanto pare due dosi non bastano. Allora ecco la terza , risolutiva, o forse no, forse dovremmo farne una ogni sei mesi. Forse per sempre.

Lo stato di totale incertezza, l’assenza di un qualsiasi dato certo sulle prospettive future mantiene la psiche delle persone in uno stress emozionale perpetuo, ed impedisce all’individuo di trovare le forze e la strategia adeguata per affrontare un determinato scenario.

Dal momento che quello scenario è totalmente ignoto, non sapendo nessuno cosa effettivamente ci aspetta, si rimane in uno stato di perenne incertezza, uno stato di doloroso immobilismo in cui l’unica attesa consiste nell’arrivo delle ultime disposizioni del carnefice.

Violenza, privazioni, e poi piccole speranze, sempre condizionate. Sempre concessioni elargite in modo magnanimo da chi ha dimostrato, concretamente, che può fare molto male.

Non possiamo avere la certezza che i nostri governanti si stiano effettivamente ispirando ai manuali di tortura più aggiornati ed efficaci. Ma nell’eventualità che lo stessero davvero facendo, allora possiamo affermare che li stanno seguendo alla lettera.

Carlo Brevi

Illustrazione di copertina: Davide Bonazzi

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