Sweatcoin, l’app che trasforma i tuoi passi in denaro
Potrà sembrare l’ultima trovata geniale delle tecnologie del terzo Millennio ma, invece, sa molto di ennesimo passo verso un transumanesimo a credito sociale e controllo onnipervasivo: stiamo parlando di Sweatcoin, la nuova app che “ti paga” per camminare e tenerti in forma.
Già in testa alle classifiche USA e UK delle top free app, è giunta in questi giorni in Italia. Il nome significa letteralmente “moneta del sudore”, già indicante il fine primo dell’app che è, appunto, camminare ricevendo in cambio la somma di 0,95 sweatcoin ogni 1000, tracciati grazie al GPS, spendibili successivamente in un negozio virtuale legato alla piattaforma in cui si trova un po’ di tutto, da abbonamenti ad altre app a gadget, abbigliamento, audiolibri, miglia aeree, prodotti tecnologici. La app non si fa ingannare: gli sweatcoin si acquisiscono solo camminando o correndo all’aperto, venendo tracciati dal sistema di geolocalizzazione, non vale l’attività sportiva su un tapis roulant o al chiuso di un edificio; l’app, per di più, richiede di essere sempre aperta in background del telefono, tanto che se si forza la chiusura, il conteggio viene perso del tutto. Un limite viene posto anche ai più atletici, non potendo superare le 5 monete al giorno, a meno che uno non scali la pole position dei più ricchi e si appresti a pagare la versione premium, che consente di accumularne fino a 10. Per la cronaca, 100 sweatcoin equivalgono a 1 dollaro statunitense.
È interessante osservare che il brevetto di un sistema di produzione di criptovaluta tramite i dati del corpo sia stato sviluppato e depositato da Microsoft (sì, Bill Gates c’entra anche stavolta) nel marzo del 2020 [ https://patentscope.wipo.int/search/en/detail.jsf?docId=WO2020060606 ]. La società di Redmond nella documentazione depositata descrive un sistema per sfruttare in più modi l’attività del corpo umano per l’ottenimento di valute digitali, tramite il semplice collegamento con un dispositivo in grado di memorizzare dati e comunicare. Non è un caso, bisogna dirlo, che i cosiddetti smartwatch (dall’inglese, “orologi intelligenti”) siano all’apice della curva di moda del momento. Ciascun dispositivo, ovviamente, deve poi essere collegato ad un communication network che gestisce le informazioni, a seconda dell’attività che l’utente è chiamato a svolgere, per un certo periodo di tempo ed a certe condizioni, che sono la base del mining del sistema in questione. Un sensore collegato o compreso nel dispositivo dell’utente, o comunque a lui direttamente collegabile, potrà rilevare diversi parametri dell’utente, in base all’attività corporea svolta per l’attività da svolgere. Esempi possono essere le radiazioni emesse dal corpo umano, le attività cerebrali, il movimento del corpo; in poche parole, qualsiasi altra attività che può essere percepita e rappresentata da immagini, onde, segnali, testi, numeri, gradi o qualsiasi altra forma di informazione o dati. Il sistema di criptovaluta accoppiato in modo comunicativo al dispositivo dell’utente può verificare se i dati di attività del corpo soddisfano una o più condizioni stabilite dal sistema di criptovalutazione e assegnare la ricompensa all’utente i cui dati di attività del corpo sono verificati.
È chiaro che una tecnologia del genere dovrebbe tenere in grandissima considerazione tutte le implicazioni giuridiche sull’essere umano e sulla sua autodeterminazione, nonché, in particolar modo in ambito giuridico, sulla tutela dei dati personali, ma l’interrogativo più urgente si pone sulla direzione antropologica e morale, nonché politica, del perché di un tale sistema. La reductio ad un minimo credito di qualsiasi attività basilare della vita biologica umana si configura come l’ennesimo tentativo di mercificazione della persona da parte del tecno-capitalismo, aprendo nuove inquietanti prospettive sulle politiche di controllo sociale. Ciò che inquieta è la larga accettazione della gente verso questi sistemi, apparentemente camuffati da innovazione divertente e innocente, al punto da lanciare vere e proprie mode e competizioni per il raggiungimento di una mèta finanziaria; di una finanza, per altro, di infimo valore, testimonianza della vuotezza di valori che affligge la società odierna. Se, infatti, persino le funzioni vitali divengono oggetto di compravendita, quanto ancora una persona può dirsi libera? È verosimile che in un contesto storico come l’attuale, in cui la successione interminabile di crisi sociali, in particolare economiche, ha generato masse di “impotenti del lavoro”, occludendo quasi ogni prospettiva di auto-determinazione professionale, queste forme di ingegneria sociale diventino sempre più stringenti, fino a raggiungere la legittimazione da parte del popolo stesso di un dominio pervasivo da parte del potere su ogni aspetto della vita individuale.
Idee&Azione / Illustrazione di copertina: Anna Parini