Società

Tra senex e puer, lockdown e malamovida

Che Italia ritroviamo dopo la pandemia, in attesa della variante delta e del “redde rationem” autunnale? L’Italia di prima, ovviamente, ma con problemi resi più acuti dalla crisi economica e sociale di cui ancora è difficile apprezzare la profondità.

E in questa nostra Italia uno dei problemi maggiori è il conflitto sempre più acuto tra le generazioni, tra vecchi e giovani, nonni e nipoti. In questo conflitto i genitori, diciamo a grandi linee i cinquantenni, risultano sostanzialmente non pervenuti, presenze impalpabili che sembrano costituire una sorta di novella maggioranza silenziosa.

Da un lato, dunque, i vecchi, colpiti duramente dalla pandemia; ma per vecchi intendendo anche coloro che muovono le fila del potere: potere sempre più in mano agli over-60 e spesso agli over-70, dalle aziende all’università, dalla politica ai boiardi di stato. Dall’altro lato i giovani, che arrancano in un paese – e più in generale in un mondo – profondamente cambiato in pochi decenni, in una società sempre più rapida, liquida e precaria.

Vecchi che rimproverano i giovani accusandoli di seminare il contagio con la loro assembrante incoscienza; giovani che oscillano tra la ribellione provocatoriamente orgiastica della movida e la rassegnazione scoraggiata dell’auto-reclusione.

Ovviamente tutto ciò è semplicistico, e dovremmo in realtà parlare di forze profonde della psicologia collettiva, degli archetipi junghiani di senex e puer. Sono queste dimensioni a essere profondamente polarizzate nella nostra società, al di là del dato anagrafico. Non è raro, di conseguenza, incontrare giovani già interiormente vecchi, e vecchi non invecchiati e non divenuti saggi con l’età: giovani vecchi e vecchi bambini, con tutta l’ambiguità semantica del caso. E ogni polarizzazione, ce lo ricorda Hillman, finisce con il diventare lo scontro di unilateralismi antagonisti e psicologicamente omicidi: Laio ed Edipo, nella riflessione hillmaniana, ne sono il drammatico esempio.

Abbiamo quindi in campo archetipi che perdono la loro ambivalenza vitale e che finiscono col ridursi al proprio lato negativo, un “pravus senex” contrapposto a un “pravus puer”, i vecchi della pasoliniana «Affabulazione», pronti a divorare i propri figli (“per mezzo di prigioni, di trincee, di campi di concentramento, di città bombardate” e, aggiungiamo noi, ai loro moderni equivalenti di “guerra” al virus, dal confinamento al coprifuoco alla dad), contrapposti ai Peter Pan senza innocenza e senza futuro che popolano le inquiete notti metropolitane. Se dovessimo scegliere immagini attuali per metaforizzare questo unilaterale scontro archetipico, il lockdown castrante e repressivo (e ancora tutto da capire quanto efficace…), sotterraneamente calvinista e ascetico, è un buon esempio di un senex repressivo, tutto ordine e pulizia, Dio, Patria e Famiglia; la cosiddetta malamovida, con le sue urla decerebrate, gli specchietti rotti, la musica a palla e le evacuazioni en plein air, è specularmente un buon esempio di un puer ribelle e capriccioso, sterilmente trasgressivo e infine distruttivo.

In tutto questo, dove sono finiti gli adulti, adulti che, se vogliamo semplificare gli archetipi riducendoli all’anagrafe, dovrebbero corrispondere occhio e croce ai nati negli anni ’60? Come detto, risultano non pervenuti, inghiottiti irreversibilmente dal riflusso degli anni ’80: depoliticizzati e deideologizzati, i cinquanta/sessantenni popolano numerosi le bacheche di Facebook – ormai ampiamente disdegnate dai giovani perché appunto troppo piene di “boomer” – per mettere foto di vacanze, di cani, di qualche sport, per cercare vecchi compagni di classe e magari qualche volta per riaccendere vecchi amori a ravvivare una vita emozionale anestetizzata da tempo. Boomers timidamente annidati nel proprio guicciardiniano “particulare”, preoccupati da quel mondo liquido con cui i giovani fanno ormai ampiamente i conti e che potrebbe non garantire loro la pensione perché non è detto che l’INPS regga all’urto dell’arrivo in massa dei boomer.

Ma, idealmente, sarebbero proprio i nati negli anni ’60 a dover far sentire la propria voce, cercando di dare un esempio di integrazione possibile tra senex e puer, tra una vecchiaia che sia saggezza e coraggio e una gioventù che sia innovazione e coraggio, tra il sapere e il potere dell’antico adagio “se i giovani sapessero e i vecchi potessero…”.

Sappiamo che molti non saranno d’accordo, tutti presi dalla variante delta, dal numero dei vaccinati e dei ricoveri, dall’andamento epidemico negli altri paesi. Pazienza. Per noi la vera diffusione virale è quella di questo universo psicologico unilaterale e diviso, che nessun recovery fund potrà curare senza una profonda svolta culturale.

Candellieri Favero

Illustrazione di copertina: Stephan Schimtz

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