Tutorial per un golpe
“Ci sono momenti nei quali la libertà non può essere tra i valori preminenti” la frase che da due anni ci perseguita con minime variazioni stilistiche in bocca a pensatori, opinionisti e autorità in realtà fu pronunciata da Fini nella fase fondativa del partito, insieme al concetto che era giusto chiedergli di ammettere senza reticenze che l’antifascismo “fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici” a tutela dell’unità del Paese.
È che ormai non è una forzatura definire questo tempo come dominato da una ideologia totalitaria che qualcuno ha definito efficacemente come fascismo mainstream, nel quale si sono ricomposti diventando egemoni i dogmi del neoliberismo e quelli delle socialdemocrazie riformiste che hanno rinunciato perfino ad addomesticare il sistema capitalistico, una volta introiettata l’impossibilità di una alternativa.
Così l’antifascismo è entrato nella cassetta degli attrezzi delle oligarchie con l’aiuto concreto di quelli che rivendicano l’appartenenza alla destra e che hanno accettato di essere etichettati come fenomeni prepolitici affetti da deviazioni e patologie sociopatiche, salvo essere recuperati tempestivamente quali insostituibili alleati in nome della governabilità.
E guai fare dei paragoni “inappropriati” tra presente e passato, peggio ancora se ad avere questa audacia sono storici e filosofi arruolati a forza tra i novax, i terrapiattisti e soprattutto tra i complottisti, come se non stessimo cercando di sopravvivere agli effetti di una cospirazione vergognosa, perché riesce ad essere arruffona, miserabile quanto è feroce e maligna.
Tanto da imporci la futura medicalizzazione perenne tramite la vaccinazione con avanzi di magazzino inefficaci e pericolosi accumulati negli scaffali da autorità corrotte, tanto da non riuscire ad applicare le misure indegne studiate per discriminare e criminalizzare i dissidenti in combinazione con balzelli comminati a scopo dimostrativo, tanto da offrire una patente di superiorità civile e morale a delatori e spioni e di immunità a sanitari che vengono meno agli obblighi deontologici e accettano la retrocessione a grigi burocrati vaccinali.
Eh si, guai parlare di regime sebbene sia stato accettato come inevitabile l’instaurazione di uno stato di eccezione continuativo, malgrado provvedimenti di urgenza illegittimi e ingiustificati abbiano stravolto dettato costituzionale e leggi vigenti, quantunque l’inazione di un Parlamento, espropriato di funzioni e competenze, abbia costituito l’alibi per ostacolare pronunciamenti popolari e il rispetto di diritti che rappresentano il minimo sindacale dell’umanità.
In questi mesi abbiamo assistito alla resa incondizionata da parte degli interpreti del pensare comune che hanno cercato di persuaderci dell’obbligatorietà del golpe apparentemente educato condotto da una superpotenza in bancarotta che dopo aver allestito una emergenza sanitaria ora mobilitata a esaltare il pericolo di un nemico per autorizzare una guerra insensata e suicida a conferma che erano esatte le diagnosi sulle declinazioni del capitalismo, quello delle catastrofi, quello della sorveglianza, quello della distruzione creativa.
Sono stati aiutati da due fazioni apparentemente critiche, quella di chi ha concentrato l’impegno sulla contestazione della gestione pandemica, aderendo inconsciamente all’ipotesi che si tratti di un “incidente” occasionale della democrazia che potrebbe finire con la fine della narrazione pandemica, quando si tornerà alla normalità, e quella di chi invece, ugualmente cieco, ritiene la lotta contro il green pass una battaglia di retroguardia, che distrae e distoglie da obiettivi più elevati e strategici, come se lo strumento di discriminazione che probabilmente resterà in vigore con estensioni creative, non abbia preso di mira le classi disagiate, i lavoratori, i precari, le donne.
Tutti e due questi magmatici schieramenti mentali sortiscono l’effetto di ridurre la portata del contrasto al governo espressione dell’asse Ue-Nato, incarnazione del totalitarismo economico, finanziario e del controllo sociale, gli uni per via di una ridotta pulsione antisistemica e antagonista, gli altri perché arroccati in un purismo che rifiuta il dialogo con ceti e possibili alleati, per rinchiudersi in nomenclature che rivendicano il loro ruolo autistico di depositarie della verità e della critica,
Come succede spesso a illuminarci sulla realtà sono i profeti, i chiaroveggenti più avveduti e lungimiranti di osservatori, sociologi, politologi ormai occupati a metterci in guardia contro la destabilizzazione secondo l’ideologia corrente, quella che potrebbe venire dai fermenti dei margini, dal “populismo”, dal sovranismo e non da una oligarchia che lavora da decenni per demolire le democrazie, per promuovere la tirannia megalomane e bulimica delle multinazionali, delle consorterie delle piattaforme, dei giganti della tecnologia che promettono di sollevarci dalla fatica manuale mentre preparano il dominio della sorveglianza e dell’alienazione.
Si è fatto largo impiego fino all’abuso dei loro vaticini, fermandosi agli aspetti più narrativi e letterari, mentre certe visioni hanno assunto il carattere di previsioni accorte e di predizioni largamente confermate.
Basta pensare ad Orwell che in 1984 e nella Fattoria degli Animali ha scritto i principi teorici della tirannia, declinati per obiettivi. Per demolire la libertà bisogna mettere in pratica una vigilanza continua e dall’alto, rompere sodalizi affettivi, uniformare l’opinione e censurare e denunciare i crimini di pensiero.
Per abolire la verità basta imporre una versione unica, strumentalizzare e corrompere i media, diramare messaggi falsi in modo da creare una realtà parallela. Per cancellare la lingua e gli idiomi bisogna ricorrere a stilemi e slang di servizio, manipolare parole fino a distruggerle a cominciare da “diritti” e “libertà”, eliminare la cultura umanistica e adattare la comunicazione all’oralità o alle battute contate degli stati sui social.
Per ridurre la visione del futuro è utile sopprimere la storia, cancellare il passato per dare forma a memorie a alto contenuto commerciale o organizzate per autorizzare un presente istantaneo e artificiale. Per negare le leggi naturali imponendo quelle del mercato è preferibile adottare vincoli e norme di carattere igienico, favorire la procreazione per via medica, promuovere la trasformazione dei cittadini in pazienti a perenne rischio sanitario, in dati per campagne profilattiche.
Per propagandare l’odio, in modo che assorba altre forme sgradite di aggressività e violenza di classe, è doveroso creare un nemico, fomentare la sua criminalizzazione e persecuzione se è interno, la guerra se è esterno. E poi confinare il pensiero critico nello spazio personale della patologia meritevole di Tso, in modo che siano sempre meno e sempre meno credibili gli oppositori, i dubbiosi, soggetti a denuncia, emarginazione e anatema. Per consolidare la potenza autocratica è conveniente esaltare i benefici che ne derivano, quelli del progresso indirizzato verso il benessere la liberazione da malattie e catastrofi naturali, quelli prodotti da scoperte e innovazioni al servizio dello sviluppo, necessariamente disuguale, grazie al quale gli effetti positivi se ci si consegna fiduciosi potrebbero essere superiori ai danni collaterali.
E adesso vi sfido a dire che questo non è un regime.
ilsimplicissimus / Illustrazione di copertina: Brian Stauffer