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Un grido di dolore in malafede

Chi rimane indifferente ogni volta che qualche migrante muore in mare, e in particolare ogni volta che a morire è un bambino, probabilmente non è un essere compiutamente umano. Ma l’indignazione e il grido di dolore che provengono da più parti d’Italia ogni volta che questo accade sembra spesso fondato sulla rimozione di due dettagli significativi. Da un lato, che da vari decenni nel mondo un bambino ogni cinque secondi muore per le conseguenze della fame, della sete e di malattie curabili, circostanza di cui si sente per verità poco parlare sui media. Dall’altro, che i fautori dell’accoglienza, quando erano al governo del Paese, avrebbero avuto a loro disposizione uno strumento semplice ed efficace per evitare tragici naufragi, che consisteva nel concedere il visto a tutti quelli che, almeno da certi paesi dell’Africa e dell’Asia, ne avessero fatto richiesta.

Se fosse stata fatta questa scelta – perfettamente coerente con la convinzione di poter accogliere tutti coloro che, da alcune zone e per varie ragioni, volevano venire in Italia – ciascuno sarebbe potuto arrivare in aereo e in tutta sicurezza, spendendo circa un decimo di quanto attualmente eroga e senza dover finanziare organizzazioni criminali e mafiose. Poiché questa scelta non è stata fatta, se ne possono ricavare due conclusioni. O quel grido di dolore è ipocrita, cinico e strumentale, che mira solo ad accrescere consensi speculando su tragedie e morti. Oppure è un grido d’inetti, che in tutto il tempo in cui hanno governato non sono stati capaci di adottare la misura più elementare per realizzare quanto ritenevano giusto fare. Infatti, non adottando questa misura pur continuando a professare le ragioni dell’accoglienza, da una parte non hanno cessato d’incoraggiare indirettamente i migranti a partire procurando la morte di molti di loro e dall’altra non hanno mai smesso di finanziare indirettamente le organizzazioni criminali e mafiose, che con il traffico di migranti si arricchiscono da anni.

Poiché la seconda ipotesi sembra poco realistica, dato che anche un bambino capirebbe che accogliere chi viaggia in sicurezza sarebbe più semplice e umano che accogliere chi rischia di affogare in mare, la prima è decisamente più probabile. Tuttavia, nonostante questa evidenza, nemmeno oggi, dopo ulteriori centinaia di morti e naufragi, chi partecipa al grido di dolore ha il coraggio di avanzare in Parlamento questa proposta semplice per evitare ulteriori stragi e non foraggiare bande criminali.

Probabilmente, essa non è stata mai avanzata per il timore di un brusco calo dei consensi elettorali dei proponenti, ma se così fosse l’ipotesi che il loro grido di dolore sia strumentale e cinico sarebbe confermato. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che invece essa non è stata mai avanzata semplicemente perché inadeguata, o eccessiva, o insostenibile e non realistica, e che i visti dovrebbero invece essere concessi solo a coloro che vengono da zone di guerra o di carestia, non ai migranti economici. Bene, in questo caso bisognerebbe però spiegare cosa, oltre ai rischi che questo tipo di viaggi comporta, dovrebbe in futuro dissuadere i migranti economici dall’intraprenderli. In assenza di una spiegazione verosimile, bisognerebbe evitare poi di continuare a sostenere che dovrebbero essere comunque accolti e poi ridistribuiti in Europa, perché è evidente che quest’ultima, almeno nella sua versione solo economica attuale, di tale ridistribuzione non vuole saperne e sarebbe ulteriormente ipocrita, specialmente per degli europeisti convinti, continuare a voler scaricare su di lei le proprie responsabilità politiche.

In ogni caso, poiché nessuna delle soluzioni adottate dagli “accoglienti”, inclusa quella di una ridistribuzione europea, ha avuto fino a oggi altro esito che quello di aumentare il numero dei morti e delle tragedie in mare, se fossero sinceramente convinti di quanto sostengono dovrebbero avere il coraggio di proporre la liberalizzazione dei visti, magari chiedendo a chi decide di venire in Italia di portare con se almeno la metà di quanto oggi lascia nelle mani dei suoi aguzzini. Con questi soldi potrebbe infatti cavarsela meglio, almeno per qualche tempo, nel Paese che lo ospita, senza pesare completamente sui suoi contribuenti.

Una simile proposta potrebbe essere declinata in vari modi, tra cui alcuni che potrebbero rivelarsi meno lesivi della dignità umana di chi arriva e, nel contempo, meno gravosi per il bilancio dello Stato. Questo, per esempio, potrebbe trattenere come cauzione una parte di quanto viene attualmente destinato a finanziare delle organizzazioni criminali, depositandolo in un fondo per il rimpatrio dei migranti, quale dovrebbe essere preventivamente con loro concordato nel caso che, alla scadenza del permesso di soggiorno concesso, non avessero trovato ancora un lavoro.

Naturalmente, non nascondiamoci: anche un approccio di questo tipo sarebbe ricco d’incognite e di difficoltà, a iniziare da quella per cui il controllo delle coste e degli sbarchi illegali dovrebbe essere comunque mantenuto e rafforzato. Ma avrebbe almeno il merito di essere più coerente con l’ostentata convinzione di poter accogliere in maniera pressoché indiscriminata tutti coloro che, oggi, ritengono di poter venire illegalmente in Italia.

In ogni caso, la sperimentazione, anche solo per qualche mese, di una simile strategia per gestire in maniera legale e sicura il fenomeno migratorio non potrebbe che rivelarsi vantaggiosa: se infatti dovesse per caso risultare praticabile e sostenibile, avremmo trovato il modo per evitare ulteriori stragi e morti nel Mediterraneo, garantendo una ospitalità dignitosa, almeno temporaneamente, a centinaia di migliaia di persone. E se invece, come è ragionevole suppore, dovesse rivelarsi impraticabile e irrealistica per il numero esorbitante delle domande di visto che ne scaturirebbe, allora emergerebbe con evidenza che l’esigenza di dissuadere i migranti dal partire non è frutto del cieco impulso di alcuni razzisti senza anima, ma l’effetto di considerazioni realistiche, basate essenzialmente sulla ragionevole consapevolezza che decine di milioni di persone potrebbero ogni anno avere ottimi motivi per volersi trasferire in Europa e che nemmeno nella sua versione più efficiente, democratica, civile e solidale l’Europa potrebbe mai far fronte a una ondata migratoria di simili proporzioni.

Questa constatazione ha le sue radici in un paradosso non privo di conseguenze tragiche: più e meglio si accoglie, più s’incoraggiano milioni di persone a cercare di trasferirsi e più questo trasferimento si attua più si dimostra insostenibile sia per l’Europa sia per gli stessi migranti, anche per l’ondata di risentimento surrettiziamente razzista che porterebbe inevitabilmente con sé. La presa d’atto di questo paradosso dovrebbe suggerire, quindi, di ricercare soluzioni di tipo diverso, a iniziare da quelle volte a mettere in condizione, chi volesse oggi venire da noi, di poter vivere meglio nel proprio Paese di origine. Anche perché, di fatto, la vera alternativa a questa possibilità si riduce spesso per loro al farsi ridurre in schiavitù dai propri umanitari, accoglienti e solidali liberatori.

Anche alla luce di quanto sta accadendo risulta, quindi, sempre più urgente la nascita di un’Europa dotata di una politica estera, economica e di difesa comune, che sono assolutamente necessarie per poter far fronte a tragedie epocali come quella che incombe oggi sul Mediterraneo e i Paesi che lo circondano. Senza un’unione politica di questo tipo qualsiasi strategia volta a gestire il fenomeno migratorio, sia mediante una distribuzione dei migranti sul territorio europeo sia attraverso un controllo adeguato delle partenze e degli sbarchi a partire dalle coste africane, rischia infatti di rivelarsi irrealizzabile o inefficace.

Gustavo Micheletti

Illustrazione di copertina: Levente Szabo

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