Un popolino superstizioso e un tabù da rompere sull’origine della pandemia
La piccola-borghesia progressista che definisce “verità scientifica” la propaganda ideologica dello Stato e delle multinazionali del farmaco, è ormai regredita a popolino superstizioso.
Se prima, nella fiducia incondizionata verso istituzioni che s’ammantavano dell’aura della Scienza, potevamo intravedere i segni dell’idolatria para-religiosa, ora vediamo come negli ultimi mesi il livello si sia ulteriormente abbassato.
Il fatto che questo popolino creda alla menzogna secondo cui i non-vaccinati infettano più degli altri malgrado i numerosi pronunciamenti scientifici di segno contrario e, soprattutto, malgrado il fatto che da tutto il mondo giungano notizie di focolai pandemici a partire da assembramenti in cui il 100% delle persone risulta essere vaccinato, segna un punto di non ritorno.
Questo è un popolino per cui la Scienza è divenuta pura superstizione: un popolino paragonabile a coloro che, fino a tre secoli fa, mettevano al rogo le “streghe” incolpandole del fatto che avverse condizioni climatiche avessero danneggiato i raccolti agricoli o avessero condotto a una morìa del bestiame.
Dunque, con questa massa avvolta nelle tenebre d’una scienza pervertita in superstizione, non ha più senso dialogare né tentare opera di convincimento: bisogna soltanto portare al massimo livello lo scontro con lo Stato asservito ai poteri economici sovranazionali e, quindi, puntare a far sì che l’insieme delle contraddizioni faccia implodere la narrazione dominante.
Se questo succedesse, il popolino si ritirerebbe in silenziosa vergogna, né più né meno di come fece la borghesia tedesca dopo il 1945. Ma oggi come allora, non avrebbe senso pensare di scalfire l’adesione della massa al nuovo totalitarismo nascente, ovvero non è possibile partire direttamente dai rapporti di forza interni all’opinione pubblica: quei rapporti potranno invertirsi solo se alla lotta contro il potere costituito si assoceranno fenomeni di crisi interna all’ideologia dominante.
Questo significa che vi è un tabù, imposto dalla narrazione dominante, che non c’è più motivo di accettare, che oggi andrebbe una buona volta infranto: e quel tabù riguarda la possibile natura dolosa e fraudolenta della pandemia.
Fin dai primissimi giorni, con aggressiva veemenza, tutti gli opinionisti di sinistra si sono immediatamente scagliati non solo contro chi attribuiva un’origine volontaria alla pandemia, ma anche contro chi semplicemente si poneva domande sull’argomento: ho letto intellettuali marxisti enunciare esplicitamente che il mero interrogarsi sull’origine della propagazione virale fosse qualcosa di inaccettabile; essi sostenevano, cioè, che l’unica ipotesi causale contemplabile fosse quella inerente all’imponderabilità del Caso – alla pandemia come imprevisto Cigno Nero – e che nessun altra possibilità, quindi, andasse enunciata o anche soltanto pensata.
A fronte di questa volontà di esclusione aprioristica, si poneva però un contesto reale e materiale in cui non sussistevano prove certe né in rapporto all’origine dolosa né in rapporto all’origine casuale: dunque, entrambe le tesi potevano essere considerate false fino a prova contraria. A fronte di uno scenario così indecidibile e incerto, il fatto che la tesi dell’origine casuale venisse invece posta come verità assoluta, la dice lunga su quanto il dibattito sulla pandemia sia stato fin da subito condizionato da mistificazione ideologica.
Oggi, però, ci sono nuovi aspetti che, pur non essendo affatto probatori, assumono certamente un valore indiziale in rapporto alla tesi dell’origine dolosa. Questo significa che quest’ultima non può in alcun modo assurgere a certezza ma, perlomeno, consente di riflettere e analizzare nuovamente il problema, senza più preclusioni e tabù totalmente privi di base razionale.
Gli aspetti che impongono di tornare a riflettere sulle origini della pandemia sono tre:
a) la tesi dell’origine naturale e animale del virus, sembra essere stata smentita e ormai parte considerevole della comunità scientifica – anche membri di quella parte le cui tesi vengono sposate dalle istituzioni – concorda sulla sua origine laboratoriale e artificiale;
b) tutti i processi di ristrutturazione capitalista che la pandemia ha sospinto e fatto decollare sul piano economico-finanziario, erano stati ampiamente anticipati così come era stata anticipata la necessità di un evento cataclismatico per accellerarli;
c) tutti i processi di trasformazione sociale e istituzionale volti alla cancellazione della democrazia costituzionale, erano stati già avviati dalle “emergenze” militari e finanziarie che si sono succedute negli ultimi vent’anni.
Questi elementi, come dicevo, non rappresentano affatto delle prove ma mettono in luce due ben precisi MOVENTI per un’eventuale atto doloso di propagazione del virus.
Dunque, a fronte del fatto che esistono dei moventi certi riguardo all’ipotesi dolosa ma che non esiste alcuna prova certa riguardo all’ipotesi casuale, l’approccio negante aprioristicamente la prima non può che essere respinto e liquidato come espressione di irrazionalità e superstizione.
Illustrazione di copertina: Anna Parini