Una faccia, una razza
Grecia e Italia: da fondatori della Civiltà Moderna a Nazioni in svendita
“Una faccia, una razza”. Chi, visitando la Grecia, non ha sentito pronunciare questo detto da un tassista, da un ristoratore o dal signore anziano che si gode il soffio del Meltemi sotto il portico di un’ouzeria?
Una frase entrata ormai nel gergo popolare, tramandata oralmente nel tempo, così antica da non sapere quali siano le origini, ma che accomuna due popoli che in quanto a patrimonio storico e culturale non hanno da invidiare nulla a nessuno. Come sorelle dallo stesso animo mediterraneo, messaggeri della nostra storia, fratelli della stessa madre: l’antichità greco-romana che ha posto le radici della cultura occidentale.
Greci e Italiani non parlano la stessa lingua, ma si capiscono perfettamente per via di quella comunanza di gesti, espressioni, valori, principi, per quel modo a volte un po’ approssimativo e “caciarone” di affrontare la vita e per quella simile empatia, rafforzatasi anche durante la Seconda Guerra Mondiale quando i soldati italiani furono inviati, controvoglia, da Mussolini sulle isole elleniche.
Sono moltissime le storie che raccontano di come diventarono parte delle loro comunità isolane e spesso rischiarono la vita a vicenda per proteggersi nascondensosi dai Tedeschi. Il ritratto mai ingiallito e cosi terribilmente attuale della distanza tra politica e società che si è fatta ancora più marcata dall’illusione di un’Europa unita, basata sul rigetto violento del passato e su un progetto di appiattimento delle culture, all’ombra di quei soliti vecchi baffetti.
La Grecia è stata la mia seconda casa per gli ultimi 15 anni, ma al di là delle ragioni sentimentali, sono convinto che per comprenderla davvero sia necessario vivere il vero volto, quello più rurale in cui vive la metà della popolazione, quello fatto di migliaia di isole che sembrano rimaste ferme nel tempo.
Lì si conduce un’esistenza frugale, legata ancora ai valori tradizionali; tutto si muove lentamente e le ore della giornata sono regolate dal sole, dal mare e dal vento. Sono tante piccole microeconomie di autosostentamento, un’idea di società per certi versi difficilmente plasmabile e omologabile, in quanto antitesi della visione nord-europeista, ma che rischia di scomparire lentamente.
Il declino era davanti ai miei occhi la prima volta che ho rivisto Atene dopo l’inizio della troika. Quasi come a rivendicare il passato di culla della democrazia, l’Acropoli con il suo Partenone dominava dall’alto una città desolata, fatta di palazzi cadenti, negozi chiusi e anziani che rovistavano nei cassonetti.
Le vestigia del passato apparivano come il grande retaggio di una nazione in rovina.
Certamente la Grecia non è senza colpe, la situazione economica in cui versava era a dir poco disastrosa, frutto di decenni di cattiva amministrazione e poca trasparenza democratica volte troppo spesso ad avvantaggiare le élite, le uniche tra l’altro a non aver pagato per le loro responsabilità.
Ma anche il grande debito pubblico in cui versava non può giustificare le condizioni draconiane che le sono state imposte e l’inequivocabile piano di svuotamento del Paese, a tal punto che a distanza di anni anche personaggi come Lagarde e Juncker hanno dovuto ammettere di “aver sottostimato l’effetto recessivo” e di “aver calpestato la dignità dei Greci”.
E nemmeno la narrativa mediatica tedesca, che da un lato veicolava il messaggio dell’aiuto fraterno tra popoli e dall’altro era più che mai impregnata di stereotipi che mostravano i Greci come fannulloni (da notare che il lavoratore medio greco lavora 600 ore in più di uno tedesco), ha potuto nascondere che al centro dell’iniziativa non ci fosse affatto la salvezza di un popolo e di una nazione.
Una pianificazione perfetta: alla prima fase di erogazione dei prestiti di salvataggio servita per ricapitalizzare le banche, soprattutto tedesche e francesi, è seguito un pesantissimo piano di austerità con condizioni insostenibili che ha messo il paese in ginocchio.
Disoccupazione raddoppiata, povertà triplicata, pensioni tagliate ben 13 volte, conti correnti bloccati, risparmi polverizzati, sanità al collasso, record di suicidi, il tracollo in eurovisione di un’economia a cui si è anche aggiunto l’enorme problema della gestione di un’immigrazione incontrollata. Tutto questo mentre crescevano i profitti per la Germania che, oltre a incassare diversi miliardi di interessi in barba all’umiliante disperazione di un popolo, ha dato il via al saccheggio.
Così, spinta dai creditori internazionali a ottenere liquidità, la Grecia non ha potuto far altro che svendere gran parte del proprio patrimonio, perdendo il controllo dei settori più importanti e strategici come turismo, finanza, infrastrutture ed energia. E neanche a dirlo, ancora una volta Germania e Francia, questa volta con l’aiuto della Cina, sono le nazioni che più di tutte sono riuscite ad abbuffarsi di quella che può essere considerata come una delle più grandi svendite di beni pubblici che la storia europea ricordi.
Ne sono solo un esempio i 14 aeroporti divenuti tedeschi e l’acquisizione del porto del Pireo, tra i principali in Europa, da parte della cinese Cosco. E lo shopping a prezzi stracciatti è tutt’ora in corso.
Oggi i Greci sono riusciti nell’impresa di portare a termine quasi tutte le richieste della troika, ma ciò che rimane è un paese prosciugato fino all’ultima goccia di sangue che, oltre a non aver ridotto il debito pubblico, ha perso per sempre la propria sovranità.
Tutto questo servirà davvero da monito all’Italia?
Certamente siamo un’economia più solida della Grecia, ma quando finiranno questi arresti domiciliari ci ritroveremo in una situazione drammatica, post-bellica, e il nostro bel paese è un boccone troppo ghiotto da farsi sfuggire per gli squali che ci nuotano intorno, una manna dal cielo.
Al tavolo di Bruxelles le trattative sono già iniziate, i protagonisti, gli interlocutori sono gli stessi e la retorica della fratellanza europea oggi serve solo per leggere una versione diversa del passato e giustificare le scelte future.
“Il più grande successo dell’Euro è la Grecia” ci diceva il caro Monti, lo stesso che in questi giorni, con la sua pacata arroganza, si allinea ancora senza vergogna con l’asse franco-tedesco, consigliando quindi tra le righe di seguire un percorso simile.
A quel tavolo non c’è solo una classe politica inadeguata, come lo è stata quella greca, ma anche chi rappresenta l’eredità di pensiero del Professore, solitamente poco incline a mettere davanti gli interessi nazionali.
E intanto restiamo ad aspettare con trepidazione la prossima illuminante conferenza stampa di Winston Conte, pronti a dar sfogo alle nostre tifoserie da social network, sperando solo che come popolo ci sia rimasta qualche altra virtù. Tanto andrà tutto bene.
Illustrazione di copertina: Davide Bonazzi
2 commenti
Daniela
Sempre illuminanti e sempre benvenute le tue parole in questo periodo in cui è davvero difficile trovare qualcosa che riempia cuore e mente… Grazie per il tempo regalato e, come sempre, che sia Buona Vita.. Daniela..
The Unconditional Blog
Grazie a te per le tue parole!