Universi paralleli
Il contrasto tra universi paralleli nelle foto dell’artista turco Uğur Gallenkuş e il crescente divario globale drammaticamente acutizzato dopo un anno di pandemia.
I bambini hanno fame, i bambini sono soldati, sono lavoratori, minatori, schiavi del sesso e spose. I bambini sono invisibili, merce da scambiare, spesso organi da vendere. Troppo spesso dimenticati. I bambini siamo noi.
Ma siamo anche universi paralleli, dimensioni coesistenti e dicotomiche, distanti in un mondo che si vanta di sentirsi connesso e che non sa più distinguere la realtà dalla sua copia pronta all’uso.
Certo, dal nostro limitato punto di osservazione sappiamo ancora indignarci, commuoverci, perfino arrabbiarci davanti ad alcune immagini, ma è lo stesso processo emotivo che ci fa scendere una lacrima guardando un film o un documentario, sensazioni così passeggere da non esistere realmente se non nella misura in cui ci imbatteremo nel prossimo trafiletto che, tra un click e un altro, ci porterà di nuovo là; ovvero in quell’indefinito universo parallelo che in fondo non vogliamo neanche più di tanto collocare, la nostra temporanea empatia ci fa sentire in pace con noi stessi quanto basta per tenere salda quella distanza.
E proprio quella distanza si fa paradossalmente più ampia attraverso la retorica di cui siamo ormai assuefatti, un vago ed insipido obbligo morale verso la pietà, confinato nello spazio sfuggente di una foto o di un servizio ad alto impatto emotivo trasmesso al TG. Ma poi il tempo scorre, la memoria è corta, domani è un altro giorno, le nostre anime sono in pace e noi ci sentiamo comunque – chissà poi per quanto, visti i tempi – al riparo.
Così, mentre una cospicua e indottrinata fetta della nostra società, sempre più aperta e inclusiva, crede di salvare il mondo rivendicando uteri in affitto o quote rosa, censurando libri e linguaggi o magari mettendosi in fila – ognuno con la propria uniforme di sottomissione in faccia – per firmare (nel 2021!) una petizione antifascista, mentre dà il proprio contributo umanitario sostenendo ideologicamente il plateale business dell’immigrazione, quei bambini continuano ad essere affamati, soldati, lavoratori e spose.
Perché la verità è che ormai anche la sfera emotiva è veicolata dal marketing del potere che definisce quale sia la realtà da propagandare e quella da oscurare, e della quale è il principale responsabile. Sono le stesse mani invisibili che, mentre ci tengono chiusi in casa, progettano un nuovo mondo sbandierando buone intenzioni tanto fasulle quanto la loro vocazione umanitaria. Sono le stesse mani invisibili che, oltre a condizionare la nostra visione del mondo, sono riuscite in un solo anno ad acutizzare ulteriormente le disuguaglianze preesistenti grazie a un sistema economico che ha permesso di accumulare ancora più ricchezza nelle mani di pochi potenti della Terra che controllano quasi tutto.
Allora forse è proprio da qui che dovremmo partire per comprendere meglio quello che sta accadendo e per evitare la solita indignazione passeggera e con i minuti contati. L’unico modo per guardare con i propri occhi le foto che seguono e che compongono il libro dell’artista turco Uğur Gallenkuş “Parallel Universes of Children”.
Prima però prendete un bel respiro…
“Sono pochi quelli che vedono con i propri occhi e provano sentimenti con i propri cuori” (Albert Einstein)
Foto di copertina: Vietnam, Delta del Mekong. Una donna che era stata esposta all’Agente Orange durante la guerra del Vietnam ha dato alla luce due bambini, sia fisicamente che mentalmente menomati. Qui aiuta sua figlia a muovere le braccia. // Foto di Mario Tama