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Verso il punto di rottura

Nei giorni scorsi, a molti – me compreso – era sembrato che il paradigma del distanziamento permanente, per la prima volta dopo undici mesi di narrazione unica e incontrasta, avesse trovato un fronte avversario nei massimi vertici istituzionali dei paesi occidentali.

Tanto che certi analisti propensi ad affidarsi all’intuizione pura, come Gioele Magaldi, hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo parlando di tramonto del progetto noto come Great Reset.

Da quello che abbiamo potuto osservare negli ultimi quattro-cinque giorni, invece, questa sembrerebbe essere stata un’illusione fugace e nulla più.

1) Sia in Italia tramite istituzioni sanitarie che in Francia per bocca di Macron in persona, i tele-virologi erano finiti sotto attacco e, con essi, le prospettive apocalittiche mutuate da OMS e WEF inerenti a una sequenza infinita di pandemie una dietro l’altra.

Ma dopo poche settimane, sia da noi che Oltralpe l’emergenza pandemica è tornata al massimo grado e così le restrizioni.

Per quanto riguarda l’Italia, a far rientrare tutti nei ranghi si è impegnata direttamente anche la Fondazione Bill & Melinda Gates, annunciando per il nostro paese 30.000 morti da qui a giugno.

2) Negli Stati Uniti, Joe Biden se ne era uscito la settimana scorsa annunciando la fine di distanziamento e mascherine entro il 2021. Immediatamente, il Presidente USA è stato rintuzzato da Anthony Fauci (“bisogna vedere, non prometto nulla”) e quindi corretto da Bill Gates (“l’emergenza durerà fino a metà del 2022”).

3) In Israele, si sta avviando la fuoriuscita dal lockdown e ciò implica il mantenimento del distanziamento e delle mascherine anche per i vaccinati.

4) In sintesi, l’ipotesi che il progetto Great Reset – volto all’ingresso diretto delle multinazionali private nella gestione e nella normazione della sfera pubblica – fosse avversato dai vertici di quegli stati-nazione a cui suddetto progetto intende sottrarre potere, si è rivelata fugace, delimitata e forse persino fallace.

A questo punto, venute meno o comunque fortemente ridimensionate le fantasiose ipotesi alla Magaldi su UR-Lodge massoniche ma progressiste che starebbero per liberare la società dalla clausura, ritorniamo al punto di partenza, ovvero a un progetto di trasformazione in senso totalitario della società, che è avallato da tutti i partiti politici, sorretto dalla propaganda militarizzata di tutti i media mainstream e, infine, sostenuto dalla maggioranza dell’opinione pubblica.

Di fronte a questo, il compito della piccola opposizione sociale oggi esistente, è quello di promuovere il maggior numero possibile di mobilitazioni ma, anche, di saper attendere il punto di rottura.

Il punto di rottura arriverà, ma non coinciderà con una gloriosa e fiorita parata rivoluzionaria: al contrario, dal punto di rottura usciranno fuori miasmi putrescenti e necrotizzazione irreversibile del tessuto sociale.

Questo va considerato non per pessimismo, ma per evitare fallimentari rifugi nell’illusione.

Quando il punto di rottura arriverà, infatti, succederà che:

a) I settori lavorativi colpiti da crisi occupazionale, saranno in grossa misura divisi al loro interno grazie a spinte corporative privilegianti le parti di essi meno disagiate e a discapito delle altre.

b) La rivolta popolare assumerà connotazioni spontaneistiche – come a ottobre, con le manifestazioni guidate dagli ultras – e non troverà organizzazione politica pronta a raccoglierne e gestirne le istanze, nonché a predisporre una continuità d’intervento.

c) La maggioranza dell’opinione pubblica arriverà all’aggressione fisica contro gli esponenti dell’opposizione sociale, accusati di diffondere il contagio. Di questo, le avvisaglie sono purtroppo numerose e visibili.

d) Le voci di opposizione a livello artistico-culturale, continueranno a essere troppo poco numerose e, comunque, non sorrette da amplificazione mediatica.

Questa diagnosi, ripeto, non ha nulla a che vedere col pessimismo, bensì racchiude un’implicita esortazione: l’evitare che questo accada, sta a ciascuno di noi ovvero al suo impegnarsi concreto su ciascuno dei fronti sopra elencati.

Nel frattempo, al fine di mantenere viva l’attenzione sulla posta in gioco, suggerisco di dare un’occhiata alla profezia autoavverante del New York Times su come sarà il mondo nel 2022: un mondo “più sostenibile”, ovvero un mondo basato sul distanziamento permanente fra gli esseri umani.

Riccardo Paccosi

Illustrazione di copertina: Anna Parini

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