Attualità,  Politica,  Società

Verso l’incendio del Reichstag

Ovvero verso la messa fuori legge dell’opposizione sociale

Il movimento d’opposizione sociale contro il green pass e lo stato d’emergenza permanente sta correndo, a velocità crescente, lungo un piano in discesa che porta alla sua messa fuori legge.

I segnali dimostranti che sia questo l’esito a cui si arriverà entro la fine del 2021, non potrebbero essere più espliciti. Difatti, le limitazioni al diritto di manifestazione decretate nelle scorse settimane a livello locale e che, nei prossimi giorni, saranno estese a livello nazionale attraverso nuove disposizioni del Ministero dell’Interno volte a negare cortei, vietare vicinanza dei sit-in a obiettivi sensibili e dunque alle zone centrali delle città e, infine, imporre il ritorno dell’obbligo di mascherina all’aperto, rappresentano nulla più che una fase d’avviamento.

Il lavoro sporco viene svolto dalla politica soltanto nella fase finale mentre, nella fase propedeutica, la campagna di criminalizzazione della devianza è affidata ai topi di fogna del giornalismo cartaceo e televisivo che, in questi giorni, invocano a più riprese tolleranza zero verso i dissidenti politici. Vediamo, anche, che il nuovo nazismo riesce ad assumere volti “rispettabili” come quello di Umberto Galimberti: quando il filosofo afferma che il movimento contro il green pass “non è una minoranza che esprime le sue opinioni ma una minoranza che porta in giro l’infezione”, si palesa il punto di non ritorno verso la deriva totalitaria e verso l’istituzionalizzazione d’un paradigma apertamente neo-nazista in quanto, esattamente come a suo tempo il Terzo Reich, quest’ultimo è oggi volto a interpretare la dissidenza politica come criminalità comune e la devianza sociale come problema medico-sanitario.

Il crescendo di retorica criminalizzante da parte di media e opinionisti di regime, la delimitazione progressiva dei diritti costituzionali a manifestare, non possono che volgere verso un punto di precipitazione e culminazione, ovvero verso un evento traumatico che – come l’incendio del Reichstag nella Germania del 1933 – consenta di mettere completamente fuori legge l’opposizione sociale col pieno consenso della maggioranza dell’opinione pubblica.

Come abbiamo visto in questi mesi, potrebbe non esserci alcun bisogno di un evento “false flag” di enorme portata: potrà essere sufficiente l’utilizzo di utili idioti e di infiltrati come nell’assalto alla sede Cgil del 9 ottobre, oppure l’amplificazione mediatica di una parola fuori posto pronunciata durante i comizi.

Sia come sia, le recenti accelerazioni repressive rendono più che plausibile l’ipotesi che l’evento giustificante la definitiva messa fuori legge possa verificarsi prima del periodo natalizio e che, quindi, stia per materializzarsi una fase completamente nuova, caratterizzata da parziale clandestinità.

Di recente, ho scritto sulla necessità che le organizzazioni e le reti politiche che hanno organizzato le mobilitazioni di piazza nell’ultimo anno, si confederino creando un coordinamento nazionale e unitario. Quest’ultimo, se esistesse, potrebbe gestire in modo coordinato gli eventi di piazza, controbattere tempestivamente allo squadrismo verbale dei media mainstream, coordinare la difesa legale dinanzi alla repressione giudiziaria.

Personalmente, rimango fedele alla bontà di tale ipotesi dichiarandomi pronto a sostenerla in qualsiasi momento, ma devo anche prendere atto del fatto di come i leader e portavoce nazionali dell’opposizione siano inadeguati a svolgere tale ruolo storico. Finché nell’opposizione permarrà la sub-cultura soggettivista per la quale ogni piccolo gruppo si auto-qualifica come “IL” soggetto storico del cambiamento, le necessità strategiche risulteranno sempre frustrate dall’infantilismo politico.

Incendio del Reichstag, 27 Febbraio 1933 – immagine: Shutterstock

Se la strada della costituente politica risulta oggi totalmente preclusa a causa dell’inadeguatezza soggettiva di chi dovrebbe attuarla, però, altrettanto non può dirsi della costituente sociale: l’insieme di gruppi e reti che stanno materializzando una società “altra” capace d’instaurarsi fra le pieghe e ai confini del totalitarismo pandemico, infatti, sta crescendo e si sta organizzando. Le reti di assistenza legale, quelle dell’assistenza sanitaria domiciliare, quelle famigliari contro la didattica a distanza, i produttori alternativi di beni agroalimentari, gli artisti e i gestori di spazi culturali contrari alle norme vigenti, le piccole comunità ecologico-spiritualiste, le reti mutualistiche all’interno di specifici settori lavorativi: tutto questo ha già dimensioni imponenti e – sviluppando connessione, collaborazione e capacità di trasmissione di informazioni e know-how da un territorio all’altro – passerebbe dall’attuale funzione di resistenza diffusa ma scoordinata a quella di contropotere organizzato ed effettivo.

Se il terreno elettivo di un possibile contropotere costituente risulta oggi essere assai più sociale che politico, anche l’ambito organizzativo deve adeguarsi fin da ora al contesto di messa fuori legge ch’è in serbo per il prossimo futuro. Questo significa un’articolazione organizzativa dell’opposizione sociale lungo almeno tre diversi livelli:

a) Un livello pubblico che, giostrandosi nei limiti del possibile con le nuove normative che hanno reso illegale l’opposizione, mantenga un qualche tipo di presidio sulle piazze e sulle iniziative politiche, nonché sui social network.

b) Un livello organizzativo interno, caratterizzato da una fitta attività di incontri e riunioni, volto a potenziare le reti sociali dei vari territori, connetterle fra loro nonché fra un territorio all’altro: questo non tanto col fine di organizzare mobilitazioni di piazza, quanto con quello di creare una rete accessibile a tutti di servizi mutualistici e informativi di vario tipo, dal piano sanitario a quello reddituale-lavorativo, dal piano legale allo svolgimento di incontri a scopo culturale o di socializzazione.

c) Un livello di coordinamento clandestino, composto da persone che non palesino le proprie opinioni sui social network né siano presenti in piazza, possibilmente prive di problemi economico-reddituali e possibilmente ancora svolgenti professioni d’un certo peso all’interno delle istituzioni statali. Questo terzo livello – di cui posso permettermi di parlare pubblicamente per il fatto di non possedere i requisiti per farne parte – dovrebbe mantenere un minimo di connessione a livello nazionale e attendere, altresì, il momento giusto in cui le dinamiche internazionali e la tensione sociale interna dovessero indebolire il regime e consentire quindi il ritorno delle mobilitazioni di massa o altra forma di contrattacco.

Stiamo vivendo quella fase in cui la dittatura si esplicita e s’instaura: questo significa che la notte è appena cominciata.

Dovremo far sì che la società altra che stiamo costruendo, con le sue dinamiche di connessione e incontro fra le persone, renda i nostri anni a venire colmi di gioia di vivere malgrado tutto.

Dovremo impegnarci, ogni giorno, a generare luce malgrado le tenebre abbiano divorato il mondo.

Riccardo Paccosi

Illustrazione di copertina: Mario Sanchez Nevado

Un commento

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *