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Verso l’uscita di scena dei tamponi

Con i colpi esplosi dalle due “pistole di Cechov“, si è concluso il secondo atto della narrazione pandemica e siamo entrati nel terzo e ultimo atto, ovvero quello della vera e propria criminalizzazione del dissenso.

Siccome l’implementazione delle infrastrutture e delle norme che dovranno garantire la longevità del regime autoritario richiede ancora degli step da superare, è necessario protrarre lo stato di emergenza sanitaria fino al punto di non ritorno prestabilito.

In questo momento siamo come cani che corrono in un cinodromo, convinti che la posta in gioco sia la lepre mentre in realtà si tratta dei guadagni del gestore. Visto che l’obiettivo che ci è stato posto dinnanzi è per sua natura irraggiungibile, è cruciale che il mancato ottenimento dell’agognata meta non sia riconducibile alla natura truccata della corsa, ma ad un qualche impedimento esterno.

Questo meccanismo è alla base della narrazione pandemica ed è stato fin dall’inizio il vero motore della corsa: il papà-stato e i suoi figli prediletti ce l’hanno messa tutta, ma alla fine c’è sempre stato qualche “cane irresponsabile” che ha vanificato gli sforzi del gruppo (o peggio ancora ha tentato di fiaccare il morale della muta dicendole che la lepre è di pezza), costringendo l’impresario a trovare altre soluzioni.

Il primo atto è stato quello dell’emergenza, dell’indice di letalità alle stelle (all’epoca non si teneva conto degli asintomatici), delle bare trasportate dai camion militari e dell’ingresso in scena del concetto della colpevolizzazione (in quel caso a carico nei confronti di runner e canari).

Questo primo tratto si è concluso con l’arrivo della bella stagione e con il corrispondente crollo del numero di decessi. La necessità di dover mantenere alta la tensione in assenza di decessi ha determinato l’ingresso in scena dei tamponi.

Il secondo atto è iniziato quindi con l’introduzione del concetto di “malato fino a prova contraria” e con la conseguente sostituzione della letalità con il “numero dei contagi”. Da quel momento in poi, nessuno si è più preoccupato del tasso di letalità del patogeno e dell’extra-mortalità rispetto alla media degli anni precedenti.

La colpevolizzazione del dissenso ha potuto compiere un salto di qualità quando runner e canari sono stati soppiantati dai giovani untori e dalla movida selvaggia, anche se la vetta la si è potuta raggiungere soltanto con il ritorno sulle scene della categoria onnicomprensiva e fortemente evocativa (per via del lavorio propagandistico fatto a monte durante il periodo della legge Lorenzin) dei cosiddetti novax.

Sul finire della seconda parte e in vista del gran finale, la narrazione si è arricchita di ben due pistole di Cechov, ovvero il “Green pass” e la “variante Delta”.

Al punto in cui siamo i tamponi hanno di fatto esaurito la loro funzione narrativa e si avviano verso l’uscita di scena: la massa percepisce come unica minaccia gli untori novax.

Oramai letalità e numero di casi non interessano più a nessuno, il pericolo è tutto incentrato sulla percentuale dei renitenti.

Il segnale più importante che sottolinea questa svolta narrativa è costituito dai nuovi criteri per la colorazione delle regioni: l’incidenza dei contagi resta un fattore da tenere in considerazione ma non sarà più il criterio guida per la scelta delle fasce di rischio legate al Covid (bianca, gialla, arancione, rossa).

Dal primo agosto i due parametri principali saranno:

a) il tasso di occupazione dei posti letto in area medica per pazienti affetti da Covid-19;

b) il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva per pazienti affetti da Covid-19.

Il passaggio successivo sarà quindi quello di non obbligare più i punzonati, in caso di patologie non-Covid e in assenza di sintomi, a ricevere un tampone per essere ricoverati (in pratica è il criterio con il quale è stata condotta la sperimentazione da parte dell’industria farmaceutica).

Questo farà sì che i reparti Covid diventeranno dei lazzaretti riempiti quasi esclusivamente da persone ricoverate con tampone positivo, non inoculate. In questo modo le statistiche dei ricoverati finiranno per pendere in modo sostanziale verso i non “battezzati”, così come quelle dei decessi. Ogni morto per altre patologie con tampone positivo (morto “con”), sarà un non inoculato. Tutti i decessi degli inoculati asintomatici saranno attribuiti ad altre cause. In pratica verrà ribaltato il paradigma che ha contribuito ad alimentare i decessi durante il secondo atto.

“Pillola azzurra o Pillola rossa” (Matrix)

Pertanto, quando si arriverà all’esplosione stagionale dei posti in terapia intensiva e al conseguente nuovo confinamento, la colpa sarà fatta ricadere esclusivamente sui non punzonati. A quel punto la rabbia covata sotto la cenere e alimentata da media e influencer esploderà, investendo come uno tsunami l’esigua percentuale (10-15%) dei non inoculati.

Se già oggi è successo che

  • Parenzo ha incitato i rider a sputare nel cibo dei No Vax,
  • una dottoressa ha scritto un post delirante nel quale invocava campi di concentramento e camere a gas per i ricalcitranti al vaccino,
  • Burioni ha definito i novax “sorci” augurandosi per loro gli arresti domiciliari,
  • Sebastiano Messina su Repubblica ha detto che i soggetti privi di green pass vanno tenuti fuori dai locali pubblici al contrario dei cani che meritano senz’altro di entrarci,
  • il sindaco di Bomporto ha plaudito all’ipotesi della “marchiatura” dei non inoculati,
  • noti (e autoproclamati) democratici vogliono privare del diritto di voto chi non è vaccinato,

il livello crescente di odio nei confronti dei “moderni untori”, creerà il clima adatto per la rimozione dei tamponi tra le opzioni per l’ottenimento del lasciapassare, determinando una stretta ulteriore del regime di apartheid sanitario (compresa l’impossibilità di spostamento tra zone di colore diverso), tra i gridolini di giubilo dei fanatici del regime segregazionista.

Il tam tam di guerra dei media condurrà la massa all’estasi mistica e spingerà i “nuovi normali” verso dinamiche di branco aggressive. A quel punto potrà succedere di tutto, compresa la quarantena forzata dei renitenti in appositi centri di contenimento e l’allontanamento dei figli minori dalle famiglie per facilitare la loro inoculazione coatta (verranno “finalmente liberati” dal giogo dei genitori snaturati, che con i propri comportamenti irresponsabili rischiano di pregiudicarne l’istruzione e il godimento di una socialità “normale”. In pratica potremmo assistere all’implementazione di un modello Bibbiano allargato).

I parametri che dobbiamo tenere sotto controllo per capire la rapidità con la quale ci avvieremo verso questo scenario (non parliamo più di “se” ma di “quando”) è il numero dei punzonati e la temperatura di cottura della massa, ovvero il livello di accettazione (attiva o passiva) della violenza verbale e legislativa nei confronti del dissenso.

Se avete presente che tipo di salto quantico abbia rappresentato l’accettazione del Green Pass, passato in un colpo solo da ipotesi complottista a sogno bagnato dei “nuovi normali”, dovreste essere anche consapevoli del fatto che questo scenario distopico non solo è possibile ma addirittura probabile. Oramai l’acqua dovrebbe aver iniziato a lambire anche le caviglie di chi fino a poco tempo fa si riteneva al sicuro in collina.

Al punto in cui siamo la scelta è tra pillola-azzurra-siero, fine della storia, domani ci sveglieremo con un cerotto sulla spalla e vivremo per un po’ una vita apparentemente normale; pillola rossa-lotta, resteremo nel “Paese delle meraviglie” e vedremo quant’è profonda la tana del Bianconiglio.

“Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo.”

(Matrix)

Giorgio Bianchi

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