Zelensky 451
Soltanto la più crassa ignoranza può continuare a sostenere che la narrativa d’anticipazione – come viene chiamata in lingua francese la fantascienza – sia un genere letterario minore, secondario e rivolto a un pubblico di adulti che credono ai marziani. Ovviamente, da tempo nel resto mondo non è così, tranne che nel nostro arretrato Paese, dove ancora nessuno – tranne pochissimi – tra gli addetti alla cultura libraria ha compreso che la “fantascienza” non soltanto è spesso sinonimo di alta letteratura, ma ha la straordinaria funzione, ogni tanto catartica, di prevedere con congruo anticipo alcune derive del futuro dell’uomo: a volte in maniera favorevole a esso, altre in maniera negativa.
Una delle tante (e anche tra le più note) “distopie”, raccontata dall’eccelsa penna di Ray Bradbury, dal cui romanzo venne poi tratto un film di François Truffaut, è il famoso Fahrenheit 451, pubblicato dapprima a puntate su Playboy nel 1953 e soltanto dopo come volume. La storia almeno a grandi linee dovrebbe essere nota a tutti o almeno a molti, in quanto l’autore americano immagina un mondo di un futuro non troppo distante dal nostro tempo, un mondo immerso in un conflitto tra le nazioni, nel quale i Vigili del Fuoco non hanno più lo scopo umanitario di salvare le vite e fermare gli incendi ma, al contrario, armati di lanciafiamme portatili, ubbidiscono come forza di polizia dittatoriale agli ordini di un Governo mondiale – sottolineo “mondiale” – che ha vietato la lettura e il possesso dei libri. Chiunque detenga un libro, pertanto, verrà condannato ad assistere all’immediato rogo dello stesso, bruciato sul posto. “Bruciare sempre, bruciare tutto. Il fuoco splende e il fuoco pulisce” è scritto nelle pagine oggi divenute realtà di Fahrenheit 451.
Ovviamente, il protagonista, Guy Montag, appartenente alla “Milizia del fuoco”, da convinto assertore della legge, compreso l’errore e convertitosi, si ribella all’ingiusto ordine, finendo per diventare un ricercato, dandosi alla macchia dopo essere riuscito a sfuggire ad un “segugio meccanico” – vi ricorda qualcosa? Uno di quei nuovi droidi a quattro zampe – trovando, infine, rifugio e accoglienza in una piccola società di “esclusi” dal sistema, di “ribelli”, ognuno dei quali ha mandato a memoria un libro per poterlo così salvare dall’oblio e dalla distruzione. In seguito all’olocausto nucleare della città – l’avete già sentita anche questa? – Montag e gli uomini-libro cercheranno di ricostruire tutto dando nuovamente inizio a un nuovo mondo. Negli anni Trenta, Bradbury venne probabilmente sconvolto dal rogo dei libri perpetrato dal regime nazista quanto dalle Grandi purghe volute da Stalin che videro l’arresto e la condanna a morte di alcuni scrittori russi.
Ecco perché in molta narrativa “fantascientifica” sono contenute più verità che in centinaia di ponderosi tomi di saggistica. Lo si evidenzia oggi, da questa notizia tragica e sconvolgente di qualche giorno fa, riportata da pochi organi d’informazione in quanto forse ritenuta non interessante. Il 19 maggio scorso, il ministero della Cultura e della Politica dell’informazione dell’Ucraina avrebbe dato ordine all’Istituto del Libro, diretto da Oleksandra Koval, di distruggere tutte le opere stampate in Russia, pubblicate in lingua russa o da essa tradotte, in quanto considerate veicoli del “Male”. Saranno circa cento milioni di volumi: verranno portati al macero, tranne alcune copie, che saranno messe a disposizione degli studiosi per il futuro, quando essi indagheranno sull’origine, appunto, del suddetto “Male”, custodite all’interno di settori riservati nelle biblioteche universitarie. Non si salveranno dunque neanche i grandi autori della letteratura russa, da Fëdor Dostoevskij a Leon Tolstoj e chissà quanti e quali altri.
Un fatto simile ci dà ormai l’esatta misura del grado di follia alla quale sia giunto l’essere umano in questa insensata guerra ai confini dell’Asia, dove le sue folte selve incontrano le colline d’Europa. Una guerra condotta con molti e differenti metodi, alcuni – come questo – non convenzionali, attinenti più a sistemi di guerriglia psicologica che serve a destabilizzare sempre più il nemico e a infondere l’odio verso di lui. Una damnatio memoriae preventiva, una volontà di soppressione non soltanto etnica ma anche culturale, che mira alla disintegrazione di qualsiasi cosa che esuli da un nuovo e unico pensiero, imposto come unica e assoluta verità. Un genocidio delle arti in ogni loro aspetto, da effettuarsi soltanto perché create dal “nemico”, incapaci anche di comprendere che una simile azione, criminale e dissennata, altro non è che il primo, inesorabile passo verso un futuro e non lontano suicidio.
Il fuoco nucleare attende silente nei silos dei grandi missili transcontinentali, ma la purificazione che porterebbe non sarebbe quella desiderata, bensì soltanto la fine della civiltà con le sue più alte vette chiamate Poesia, Arte e Bellezza, che non sono russe o ucraine, ma dell’intero genere umano.
Illustrazione di copertina: Pep Boatella