Società

I nostri giovani non saranno mai rivoluzionari

Noi abbiamo vissuto anni terribili quando – da ragazzi – uscivamo guardando bene le spalle. Perché nei centri piccoli, a scuola, al massimo si faceva a botte. Ma nelle grandi città per una opinione politica si moriva.

Bastava indossare un eskimo o arrotolare il giornale sbagliato nella tasca posteriore del jeans e arrivava un matto invasato e ti svuotava addosso tutto il caricatore di una P.38. Non c’era notiziario che non scodellasse nelle case una nuova conta di morti: ingenui soldati della politica manovriera che, tuttavia, credevano in qualcosa: a destra come a sinistra. E per quella cosa erano pronti pure a morire. O a uccidere.

Generazioni che in ogni caso (nel bene e nel male) erano cresciute a libri e dibattiti, comizi e collettivi, e pure radio pirata e manifestazioni, autogestioni, scioperi. Erano generazioni postrivoluzionarie e figlie delle più diverse sfaccettature degli anni ’60: il pacifismo contro l’intervento Usa in Vietnam, i grandi raduni, i concerti peace and love. E le masse di giovani che stavano davvero cambiando il mondo: dai Beatles ai capelloni, dagli hippies alle comuni, dall’attivismo alle lotte studentesche, fino al terrorismo. Ahimé.

Ma erano sempre e comunque masse di giovani in movimento, impossibili da frenare, capaci di travolgere tutti e tutto ciò che incontravano sul loro cammino: che fossero barricate oppure camionette della polizia. Ma comunque masse colte, desiderose di conoscere, immerse ogni giorno in profondi scambi di idee e di pensieri, ideologie e storia, studio e ricerca, poeti e scrittori, registi e cantautori. Il cambiamento passava sempre e comunque attraverso una seria riflessione e condivisione o un acceso confronto e un violento scontro.

Che fossero Marx o Nietzsche, Sartre o Evola, Guccini o la Compagnia dell’Anello, Pasolini o Pontecorvo, Berlinguer o Almirante, Bocca o Montanelli, BR o Nar, dietro c’era sempre e comunque un mix di cultura, scambio, critica, analisi, crescita.

Oggi? Oggi la biblioteca virtuale alla quale le masse giovanili possono attingere passano da Achille Lauro a Fedez, da Scanzi a Travaglio, da Muccino a Veronesi, dai leoni da tastiera alle babygang, perlopiù.

Ma le masse non sono più tali e quella parola – ‘virtuale’ – è la loro morte sociale. Una volta c’era il citofono, oggi c’è Tik Tok, una volta c’era la comitiva, oggi c’è solo la solitudine.

Rinchiusi come hikikomori, i giovani vivono in casa: non scuola nè sport, non amici né cinema, non oratorio né teatro, non pizzate né passeggiate. Hanno tolto loro tutto, eppure parliamo delle fasce meno a rischio di contagio, e li hanno lasciati soli a studiare e parlare con una webcam. E hanno tolto loro abbracci e baci, il piacere di limonare e la festa, la discoteca e la paninoteca.

Invece di organizzare una vita protetta per i più fragili e consentire di vivere a chi rappresenta il futuro, hanno originato il caos e nel caos muore qualunque cosa: anziani e malati, giovani e futuro, muore la cultura e muore l’economia, muore la socialità e muore il Paese intero.

Intanto si insegna a diventare pecore, che la mascherina è più importante del capire, che vivere ognuno nel proprio mondo è cosa buona e giusta e ci preparerà a un mondo che verrà gestito controllando l’informazione e la paura, nel quale a tutti sarà assegnato un posto e sarà chiesto di eseguire senza pensare né analizzare.

Se quaranta o cinquanta anni fa avessero giocato sulla pelle del Paese e delle giovani generazioni cresciute nell’ignoranza (da ignorare), come alcuni fanno impunemente oggi, il Palazzo sarebbe stato ribaltato in tre mesi. Ma ora no. Il Palazzo parla a distanza, gli uomini del Palazzo indossano la maschera e – in totale sicurezza – come rapinatori rubano agli italiani un Paese. Basandosi su un principio e su una certezza.

Il principio: esiste un virus e bisogna affrontarlo. La certezza: nessuno mai darà l’assalto al Palazzo. Troppo impegnati a ripetere slogan, giocare a X-Box e aver paura, i nostri giovani non saranno mai rivoluzionari.

Lucio Rizzica

Fonte: https://www.facebook.com/lucio.rizzica/posts/10222191674132670

Illustrazione di copertina: Losing You – LY

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *